Gli spiacevoli
episodi di pedofilia commessi da alcuni sacerdoti, ingigantiti dai media come
se il clero cattolico fosse l’unica categoria sulla terra a macchiarsi di
questi peccati, ha indotto alcuni esponenti della cultura a trarre delle
conclusioni del tutto gratuite e infondate, e cioè: queste cadute sessuali così
biasimevoli sono dovute al fatto che i sacerdoti cattolici sono costretti a
vivere il celibato nella castità perpetua con frustrazioni tali da essere poi
indotti a cercare per vie proibite quello che potrebbero invece ottenere per
vie normali, vale a dire un regolare
rapporto sessuale nell’ambito del matrimonio cristiano per esempio. E alcuni se la prendono con la Chiesa, colpevole, a loro dire, di pretendere dai suoi figli gesti eroici superiori alle loro forze.
rapporto sessuale nell’ambito del matrimonio cristiano per esempio. E alcuni se la prendono con la Chiesa, colpevole, a loro dire, di pretendere dai suoi figli gesti eroici superiori alle loro forze.
Certo, il celibato sacerdotale, o meglio,
la castità sacerdotale o, meglio ancora, la verginità in vista del Regno dei
Cieli, virtù sublime, raccomandataci dallo stesso Gesù Cristo, Vergine, e
vissuta da milioni di cristiani in tutto il mondo come fonte di gioia e di
fecondità spirituale, da molto fastidio a quelle lobby di potere che si
prefiggono la perversione dell’uomo, soprattutto del prete, dopo aver ottenuto
quella della donna con lo sfascio della famiglia naturale. E per questo sono
abili nel presentare il sesso libero come virtù, e la castità come prerogativa
dei menomati, quando invece è la virtù dei forti e degli intelligenti, sulla
quale costruire tutte le altre.
Infatti chi non si propone di dominare il
proprio corpo sin dall’adolescenza, lasciandolo in balìa dei peggiori
istinti sessuali che certe leggi luciferine stanno gradualmente imponendo anche
nelle scuole allo scopo di distruggere l’essere umano fatto a immagine e
somiglianza di Dio, non solo sarà incapace di assumersi le proprie
responsabilità al momento di prendere decisioni importanti, quali il
matrimonio, o la vita religiosa, o comunque un impegno serio di testimonianza
cristiana nel mondo, ma sarà più facilmente dominato da tutti gli altri istinti
che ne derivano, quali la collera, l’invidia, la gelosia, la vendetta, l’istigazione
all’omicidio, al suicidio, o l’attaccamento al proprio io, al denaro, al potere,
alle ambizioni sfrenate ecc. A tal punto
che molti giovani non potendo più fruire neppure del normale godimento dei
sensi se non con l’ausilio di droghe o peggio, entrano in uno stato di tale depressione
che si può trasformare, per reazione, in trasgressione o aggressione, come
certi raduni ‘rave’ di giovani dimostrano.
La castità dicono i saggi oltre che i santi,
non è una rinuncia opprimente, non è un macigno pesante imposto dalla Chiesa, ma
è gioiosa affermazione di sé attraverso l’uso delle facoltà più nobili che sono
la volontà, l’intelletto e i sentimenti, affermazione che permette di
custodire i propri sentimenti e il proprio corpo in vista di affidarli integri
alla persona che sarà il compagno/compagna di vita, a tal punto da poter
assaporare l’emozionante bellezza di quella frase che due sposi, giunti vergini
al matrimonio, dovrebbero scambiarsi: “Tu sei mio, tu mi appartieni. Io sono
tua, solo tua, io ti appartengo per sempre”. Questo senso di appartenenza
reciproca ed esclusiva, è anche la condizione della fedeltà e della felicità di
coppia presente e futura.
Su questo
possiamo essere d’accordo, molti affermano, ma allora perché non concedere
tutte queste meraviglie del matrimonio cristiano anche ai poveri preti, spesso
in preda alla solitudine? Chiare e precise sono le risposte che ha dato in
proposito il Magistero della Chiesa al quale ci si deve sempre riferire. Io mi
permetto di segnalare due punti fondamentali:
Primo: Il matrimonio cristiano è di tale importanza che è stato
elevato da Cristo nientemeno che a Sacramento, ‘il Sacramento dell’amore come fonte della vita umana’. Tuttavia lo
stato matrimoniale, anche nella migliore delle situazioni, non è da concepire
come il rimedio di tutti i mali o devianze o debolezze, come se gli sposati
fossero esenti da tribolazioni, preoccupazioni, infedeltà e tentazioni di ogni
genere! Non solo la fedeltà coniugale è un impegno esigente e talvolta eroico
per un cristiano, (perché se un sacerdote deve rinunciare a tutte le donne, un
vero cristiano deve rinunciare a tutte le donne, meno una, diceva
simpaticamente un anziano sacerdote!), ma bisogna essere consapevoli anche di
tutti i problemi pratici che sempre accompagnano le famiglie: figli da crescere
ed educare, bilanci familiari da far quadrare, moglie che si ammala, o che va
in crisi e rischia di mollare tutto… insomma preoccupazioni che, come ricordava
San Paolo, il buon Dio vorrebbe risparmiare almeno ai suoi sacerdoti: “Vorrei vedervi senza preoccupazioni. Chi
non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al
Signore. Chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa
piacere alla moglie e si trova diviso.(…) Questo vi dico, fratelli, il tempo
ormai si è fatto breve; d’ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se
non l’avessero, coloro che piangono come se non piangessero, e quelli che godono
come se non godessero (…) perché passa la scena di questo mondo”. (Cor. 7,
29-32)
Per mal che
vada, si può sempre ricorrere al divorzio anche per i preti, dicono, e si
aprirebbe così anche per i consacrati una breccia peccaminosa senza più limite
che la società ormai deviata e corrotta vorrebbe prospettare come unico rimedio
a tutte le debolezze.
Secondo: Anche il Sacerdozio,
come il Matrimonio, è stato elevato da Cristo alla sublimità di Sacramento,
quello dell’Ordine sacerdotale, e se ‘il
matrimonio è la fonte della vita umana, il Sacerdozio è la fonte della Vita
divina’. Pertanto scaturiscono entrambi da una sola fonte: L’AMORE che è unico
perchè proviene da Dio, ma il modo di viverlo su questa terra è diverso per
ognuno di noi, a seconda del nostro stato.
Un sacerdote vero deve saper amare, altrimenti è un poveraccio! Amerà
con il cuore le persone che gli sono state affidate accogliendole con affetto,
perdonandole, ascoltandole, cercando anche soluzioni per i loro problemi. Il
sacerdote, diceva S. Josemaria Escrivà, dovrebbe essere ‘divorato’ dalla gente,
nel senso che deve essere così impegnato per gli altri da non avere neppure il
tempo di pensare a sé. Altro che solitudine del sacerdote. Se così non fosse, se
dovesse subentrare noia e tristezza, allora deve domandarsi cosa non va nella
sua vita, e chiedere aiuto al suo direttore spirituale o confessore, prima che
sia troppo tardi. Alle volte si tratta solo di chiedere al Vescovo un cambio di
mansioni anche logistico.
Il Sacerdote! Ministro di Dio che deve essere a
disposizione del Vescovo come una sentinella è a disposizione del Comandante
per la salvezza di tutta la città; che deve essere Pastore, Guida, Maestro di
preghiera, di vita ascetica e di consolazione per tutti, nella certezza che il Signore
difende e protegge dalle insidie chi si affida a Lui con la preghiera umile e
fiduciosa.
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E se
anche il sacerdote confessore, povero peccatore egli stesso, dovesse cadere, ha
sempre la possibilità di rialzarsi subito chiedendo a sua volta perdono nella
confessione, per riprendere il cammino con più forza e umiltà.
Questa
chiamata così sublime, unica, esclusiva di un giovane al sacramento dell’Ordine
sacro che configura il Sacerdote allo stesso Cristo ‘Ipse Christus’
conferendogli i suoi stessi poteri, esige
una risposta particolare, consapevole e proporzionata al dono, basata sull’offerta
totale di sé e della propria vita, un’offerta che comporta anche un sacrificio,
una rinuncia concreta, quella all’amore coniugale in vista dell’Amore del Regno
dei Cieli. (Compendio n. 153-159).
Il celibato legato
al sacerdozio in una vita di verginità per il Regno dei Cieli non è altro che
un anticipo di quello che saremo tutti nella Vita Eterna perché alla fine noi
non siamo creati per vivere in un eterno rapporto di coppia, ma per vivere un
eterno rapporto con Dio.
Ma il motivo
più bello è quello di assomigliare più da vicino a Gesù, come si conviene al
Sacerdote che personifica Gesù stesso in quanto capo del Corpo che è la Chiesa.
Gesù, perfetto uomo, ha vissuto pienamente la sua umanità nel celibato.
E se questo può talvolta significare croce, è una croce che non opprime
ma dà gioia perché fonte di vita e di salvezza, quella croce che ogni uomo di
buona volontà deve saper portare assieme a Cristo perché solo allora ‘Il giogo diventa dolce e il carico leggero’.
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