A nome di tutti coloro che difendono i cosiddetti “valori non negoziabili”, cattolici o meno, sentiamo il dovere di ringraziare non solo il Card. Bagnasco per essere intervenuto ufficialmente in difesa dell’unica, vera famiglia, da lui definita: “cellula fondamentale della società umana, oggi maltrattata e disprezzata”, ma ringraziamo anche quei Cardinali coraggiosi, tra cui Burke, Muller, Caffarra, Pell e altri che, con i loro chiari interventi durante il Sinodo, hanno rinforzato quel
baluardo di difesa dell’unica famiglia voluta non dalla Costituzione e nemmeno dalla Chiesa, ma da Dio stesso fin dalla creazione, perché fa parte intrinseca e costitutiva dell’uomo e della donna.
Anche se molti commentano: “Ci mancherebbe altro che adesso la Chiesa decidesse di porre la famiglia naturale, quella tra uomo e donna in un patto vincolante che è il matrimonio, sullo stesso piano di qualunque altra tipologia di unione!” Eppure c’è in giro molta confusione anche a motivo di quella frase di papa Francesco “Dio non teme ciò che è nuovo”, perché la si può intendere proprio nel senso che ci possono essere nuovi modi di pensare la famiglia. Forse che la legge sull’eutanasia, ad esempio, o le manipolazioni genetiche, le fecondazioni assistite, le unioni gay, peggio ancora l’idiozia del gender addirittura come obbligo scolastico… diventano lecite solo perché rappresentano una novità che tutti devono accettare, Chiesa compresa, come fatto ineluttabile, anzi, come “segno di modernità?” Gesù ci ha insegnato che la sua Chiesa deve essere “segno di contraddizione” nel mondo e non fucina di benedizioni per tutte le novità anche patologiche o peccaminose che si presentano.
LA RELATIO SYNODI. In effetti la “Relatio Synodi” della terza assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, in mezzo a una buona esposizione di contenuti, presenta alcuni punti assai discutibili, se non addirittura pericolosi per la fede. Infatti emerge spesso qua e là quel “motivo di fondo” sulla situazione disastrosa delle coppie e delle famiglie nel mondo, a tal punto che i Padri si domandano quanto sia utile per l’umanità, visto il disastro irreversibile ormai scoppiato, la chiusura della Chiesa su matrimonio, sessualità e coppie di fatto, senza però avere il coraggio di chiedersi per qual motivo siamo così ridotti.
Nessuno si chiede se tutto ciò sia la conseguenza di un lungo e martellante lavoro di demolizione dei tre valori fondanti “uomo, famiglia, Chiesa” da parte di certi poteri occulti nel chiaro intento di staccare l’umanità da Dio e i cristiani da Gesù Cristo? E per raggiungere questo obiettivo non occorre seminare eresie sulla Santissima Trinità perché è sufficiente scardinare la Chiesa dall’interno attraverso la corruzione dell’uomo esaltando i rapporti sessuali liberi, anche contro natura, e presentandoli come il massimo dei beni e dei diritti da conquistare a qualunque prezzo.
Per fortuna la maggior parte dei Padri sinodali ha respinto i paragrafi più problematici della prima parte voluti dai cardinali Marx e Schonborn con l’adesione del segretario aggiunto Mons. Bruno Forte, dove si manifestava una certa apertura alle unioni gay fino a individuare una “tensione positiva verso il bene”. Ma ciò che la dottrina non accetta in via ufficiale, viene invece accolto nella prassi, forse nell’attesa di essere sancito dal prossimo Sinodo, dopo un ben mirato lavaggio del cervello che porti la gente all’accettazione incondizionata di tutte le “novità” esistenti nel campo sessuale!
Se tutte le persone vanno rispettate nella loro dignità, qualunque sia il loro orientamento sessuale, questo non ci dispensa dal dovere di essere chiari nei confronti di chi pratica l’omosessualità e “annessi”, altrimenti non solo li inganniamo confermandoli ingiustamente in una situazione che, essendo contro natura, danneggia corpo e psiche, ma quel che è peggio, rischiamo di precludere loro le porte del Regno dei Cieli.
Infatti oltre al Magistero perenne della Chiesa e alle famose invettive di S. Paolo contro tutti gli impuri e i sodomiti, anche S. Agostino nelle Confessioni dichiara che “I peccati dei sodomiti devono essere condannati sempre e ovunque e quand’anche tutti gli uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina. (Confessioni c.III, p.8). Se interroghiamo inoltre la Sacra Scrittura vediamo che Dio perdona ogni peccato, anche grave se c’è vero pentimento (es. la vicenda del re David), mentre invece lascia cadere la sua collera sull’umanità solo davanti alla presenza di due peccati gravissimi: idolatria e sodomia.
SERIA PERPLESSITA’. I paragrafi da evidenziare sono ad esempio il 25, 39, 45.
Il paragrafo n. 25 recita così: “In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che “la grazia di Dio opera anche nelle loro vite” dando loro il coraggio per compiere il bene, “per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano”.
La Chiesa ha sempre accolto tutti, come afferma il card. Bagnasco, anche i peccatori, soprattutto in vista di una loro conversione ma non per confermarli nel loro peccato. Ma cosa significa partecipare alla vita della Chiesa “in modo incompiuto”? Cosa significa “prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità…”? Vuol forse dire che è sufficiente fare qualche opera buona in parrocchia pur continuando tranquillamente a vivere da adulteri? Ormai si vedono divorziati, conviventi ecc. che vanno a fare le letture durante la Messa e anche la Comunione e che sono additati come esempio! Solo Dio giudica, è vero, tuttavia abbiamo anche il dovere morale di non creare scandalo, ci avverte il Signore, di non sovvertire i valori, di non offuscare la verità.
S. Tommaso afferma che chi è in peccato mortale, pur rimanendo figlio di Dio per il Battesimo, ha perduto la grazia di Dio, cioè ha interrotto la Comunione con Dio, quindi non partecipa più alla Vita divina. (In 4 Sent. d.16, q.2) Nessuno è senza peccato, dice la Scrittura, ed è vero, ciascuno di noi ha il suo “campo di battaglia”, però un conto sono le cadute sporadiche con la consapevolezza che è male e il proposito di rialzarsi al più presto chiedendo perdono, (non solo nel campo sessuale, ma anche per tutti gli altri Comandamenti: calunnia, furto, ricettazione, imbroglio, frode dei poveri, ingiustizie, falsità, inganno, invidia ecc.) e ben altra cosa è l’accettazione passiva, ammantata di normalità e benemerenza, di “stati di peccato gravi”. Un conto è rubare, e poi pentirsi e restituire, per fare un esempio, ben altro è voler vivere in quella situazione.
E’ vero che esiste per tutti anche la “grazia attuale” cioè quella sorta di “spinta occasionale” alla conversione che il Signore concede a tutti indistintamente, anche ai miscredenti, la quale “previene, prepara e suscita la libera risposta dell’uomo” (Compendio n. 423/425), tuttavia bisogna volerla e cercarla la grazia e la conversione, attraverso la preghiera, le opere buone e il desiderio di fuggire il peccato, perché Dio è misericordioso ma è anche Giusto e non violenta mai la nostra libertà, nemmeno quando l’uomo si impegna, con “piena avvertenza e deliberato consenso” a voler andare in inferno a tutti i costi.
IL CAVALLO DI TROIA. Pertanto, come ha ribadito sia il card. Bagnasco ad Assisi, che il card. Geoge Pell in un’intervista televisiva al “Catholic New Service”, tutti questi tentativi di alcuni padri sinodali di voler, da una parte, concedere la comunione ai divorziati e dall’altra, di riconoscere giuridicamente le unioni gay, non sono altro che “cavalli di Troia” per indebolire l’unica, vera, famiglia, quella fondata sul matrimonio indissolubile, aperta alla vita e giuridicamente protetta dalla Costituzione come bene sociale oltre che santificata dal Sacramento del matrimonio voluto da Gesù Cristo. Quel Sacramento che conferisce appunto “la grazia sacramentale” perché deriva dai Sacramenti: “Battesimo, Cresima, Eucaristia, Confessione, Unzione dei malati, Ordine Sacro e Matrimonio” che sono aiuti speciali, cioè interventi diretti di Gesù Cristo, vero Dio, nelle varie tappe della vita dell’uomo, dalla nascita alla morte, per aiutarlo a santificarsi in questo cammino irto di difficoltà e di inganni, e soprattutto allo scopo di realizzare quella sua promessa “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
PARAGRAFO N. 39 Si riferisce per lo più alla necessità di “programmi specifici per la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i viversi aspetti della vita familiare”.
Questo aspetto è di basilare importanza e spesso è anche uno dei motivi principali delle separazioni, cioè la mancanza di un’adeguata preparazione non solo spirituale, ma pedagogica, psicologica, umana, su cui far leva nei momenti di gravi difficoltà, che sono inevitabili, soprattutto considerando la fragilità delle nuove generazioni, spesso provenienti da coppie di separati e divorziati, e privi oltretutto anche di un vero entroterra di catechesi e preparazione spirituale. Qualche studioso ha affermato che per sanare la famiglia, occorre prima risanare l’uomo, cioè aiutarlo a rendersi conto di chi è, della sua dignità di figlio di Dio, dei suoi doveri morali dentro e fuori la famiglia vissuti con responsabilità, del suo destino eterno ecc. altrimenti è come se si volesse costruire una casa usando la paglia.
Soprattutto va ribadito che per vivere la fedeltà matrimoniale non è indispensabile l’esistenza dell’attrazione fisica, anche se è importante soprattutto come base di partenza, ma si deve far leva soprattutto sulla volontà e sulla responsabilità di mantenere una parola data davanti a Dio e alla società, anche quando il cammino diventa difficile e tentazioni di “false sirene” si affacciano all’orizzonte della vita. Non si può buttare via un matrimonio, spesso dopo interi decenni, appellandosi a quella frase “Mi sono innamorato/a di un altro/a” come se la presenza di una nuova “attrattiva fisica” in ufficio, a scuola, all’ospedale ecc. giustificasse il “diritto” di distruggere tutto un edificio costruito con impegno e con amore assieme al coniuge e ai figli. La vita dell’uomo sulla terra è una milizia, dicono i santi, e vince chi sa battagliare con coraggio e lealtà per mantenersi fedele fino in fondo, condizione anche per la nostra felicità.
PARAGRAFO N. 45. Sempre in merito a separazione e divorzi, il Sinodo si esprime così: “I Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’affettività reale delle fragilità familiari, sapendo che esse spesso, sono più “subite” con sofferenza che scelte in piena libertà”. E’ vero che in tutte le separazioni si dovrebbe evidenziare chi dei due vuole a tutti i costi il divorzio da chi invece è costretto a subirlo, tuttavia questa umiliante situazione di “divorziato/a costretto” non impedisce di continuare ad essere fedele, nella certezza che il Signore premia sempre questa fedeltà eroica, talvolta anche col ritorno del coniuge.
E’ altrettanto vero comunque che ormai le separazioni sono date per scontate, sono diventate di moda, tanto che ci si libera facilmente del marito o della moglie per dei motivi futili, quali la routine per il 40% dice l’Istat, per poi aggrapparsi con tutte le forze, per paura di rimanere soli, al secondo compagno o compagna nonostante i loro difetti siano spesso ben più grossi ed evidenti di quelli del vero coniuge.
Ma il peggio è che, davanti ai primi segnali conflittuali di rottura, la prassi comune da parte di parenti, psicologi o sacerdoti non è quella di aiutare i coniugi a trovare motivi per sanare il loro rapporto, ma è quella di incoraggiare i due interessati a compiere il grande passo, adducendo le solite motivazioni. “Tanto, che male c’è? E’ inevitabile! Bisogna prendere atto pacificamente della rottura del matrimonio come di un evento tra gli altri, e bisogna farlo in maniera civile, con serenità, nel reciproco rispetto del coniuge e delle leggi!” affermano tutti con fare incoraggiante come quando si deve affrontare un difficile intervento chirurgico per poi godere dei benefici della guarigione. Ma quale guarigione? Quale intervento a fin di bene? Quale nuova vita da impostare?
La rottura del matrimonio, anche nel migliore dei casi, costituisce sempre un evento così traumatico per entrambi i coniugi e per tutto il circondario familiare, figli in primis, che difficilmente si risolve senza l’aiuto di psichiatri e di psico-farmaci per il fatto che il matrimonio è talmente parte intrinseca della persona, della natura umana, della famiglia naturale, (“I due saranno una sola carne” dice Gesù) che la sua rottura provoca un’autentica lacerazione a livello psico-fisico con traumi incancellabili per tutto il resto della vita.
Infatti, da quella data nefasta, 1975, che ha sancito il divorzio come legge sono aumentati i disperati, i nevrotici, i psicopatici, i pazzi, gli omicidi, i suicidi, i drogati, i depressi fin dall’adolescenza ecc. Senza dire che tutto questo ha provocato nelle nuove generazioni una grande sfiducia verso lo stesso istituto del matrimonio a tal punto che adesso neppure si vuole convivere, ma si preferisce la libertà di stare ciascuno a casa propria e avere rapporti occasionali per non impegnarsi con nessuno, in una sorta di avvilimento della persona priva di solide relazioni, di vero amore e di speranza, come d’altronde vuole la cultura criminale del “gender” che ha perfino annullato i nomi dolcissimi di “mamma e papà” per obbligarci a vivere da disperati, allo sbando e senza punti di riferimento!
Eminenza Reverendissima Card. Bagnasco, a questo punto assai preoccupante della questione, mi permetto di invitarla, a nome di molti credenti, a prendere come riferimento per le sue prossime battaglie in favore della famiglia, non solo o non tanto la “Relatio Synodi” e i discorsi di Papa Bergoglio, come da sue parole, ma di andare a “riesumare” con coraggio anche e soprattutto la bellezza e la profondità del Magistero dei due Papi precedenti, Benedetto XVI e San Giovanni Paolo II, che su tale argomento si sono più volte espressi in maniera chiara e inconfutabile, nella fedeltà al Magistero perenne della Chiesa e all’evidenza della Legge Naturale visibile a tutti, anche a coloro che si rifiutano caparbiamente di guardare.
Noi laici ci aspettiamo molto da Lei, da Voi, pochi Cardinali, “piccolo resto di una Chiesa in rovina” ma più che sufficiente per vincere la nostra battaglia in nome di Gesù Cristo che aspetta forse questi nostri piccoli passi per intervenire poi Egli stesso a fare luce con la sua forza prorompente.
La ringrazio molto e in ginocchio le chiedo la Sua benedizione.
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