“IL TEMPO L’ETERNITÀ
di Ferdinando Rancan
CENNO BIOGRAFICO
Don Ferdinando Rancan, sacerdote della diocesi di
Verona, è nato a Tregnago di Verona il 14 giugno 1926. Laureatosi in Scienze
Naturali presso l’università “La Sapienza” di Roma, tornò nella sua città dove,
completati gli studi teologici, ricevette l’Ordinazione sacerdotale il 29
giugno 1953, dedicandosi per molti anni all’insegnamento nel Seminario
diocesano e nei Licei della città. Svolse il suo ministero sacerdotale nella
parrocchia di S. Nazaro, poi nella Pieve dei Santi Apostoli e infine come
collaboratore a S. Eufemia.
La vita del reverendo don Ferdinando Rancan costituisce uno stimolo e uno
sprone in questi tempi di smarrimento: fu pastore fedele e zelante, direttore
spirituale per tanti
sacerdoti e laici che si affidarono alla sua guida, nonostante la salute precaria che lo accompagnò per tutta la vita. Don Vittorio Turco, suo confratello e compagno di studi in seminario, ha scritto di lui “uno dei pochi preti veronesi preparato, serio, colto, che ha saputo sintetizzare i più alti valori cristiani in una vita umile, provata ed esemplare.”
sacerdoti e laici che si affidarono alla sua guida, nonostante la salute precaria che lo accompagnò per tutta la vita. Don Vittorio Turco, suo confratello e compagno di studi in seminario, ha scritto di lui “uno dei pochi preti veronesi preparato, serio, colto, che ha saputo sintetizzare i più alti valori cristiani in una vita umile, provata ed esemplare.”
Ha scritto alcuni libri di
vita ascetica rivolti per lo più al cristiano cosiddetto “laico”, cioè a quello
che vive nel mondo in mezzo alle varie realtà e preoccupazioni quotidiane di
lavoro, famiglia, figli, ecc. attraverso le quali anch’egli ha il dovere di
santificarsi, come sono tenuti a fare i consacrati nella vita sacerdotale o
religiosa, ciascuno a seconda del proprio stato di vita vocazionale.
Questa spiritualità come
prerogativa dei laici non era molto capita qualche decennio fa, (1954) quando don
Ferdinando ebbe l’occasione di conoscere a Roma, per intervento divino, l’Opus
Dei e il suo Fondatore, San Josemaria Escrivà de Balaguer, (canonizzato a Roma
nel 2002 da San Giovanni Paolo II), e di assimilarne pienamente lo spirito, a
tal punto che chiese l’ammissione all’Opera come primo sacerdote diocesano in
Italia.
La sua vita, spesso dura ma
anche avventurosa, che egli condusse sempre all’insegna della massima fedeltà
al suo impegno personale col Signore, è stata narrata da don Ferdinando stesso
nel suo ultimo scritto autobiografico “STORIA
DI UN SOMARELLO”, titolo da lui voluto perché tale si riteneva davanti a
Dio, mentre era noto per la sua profonda cultura che, oltre alle due lauree
citate si manifestava anche attraverso quel dono soprannaturale della
“Sapienza” che Dio concede ai suoi servi fedeli.
Vero “Alter Christus”, trovò nel Sacrificio Eucaristico quella forza
soprannaturale che sempre lo accompagnò anche nei momenti più difficili, fino
al compimento finale della sua esistenza terrena che avvenne il 10 gennaio 2017.
Tra
i suoi scritti:
Il senso del vivere. Fiori
di melograno.
La Moneta del tempo. In quella casa c’ero anch’io
Là dove cielo e terra si incontrano. La Madonna racconta
Ricevi questo anello. Innamorato
del Cielo.
Storia di un somarello
PRESENTAZIONE
DEL LIBRO “IL TEMPO, L’ETERNITÀ”
Nel 1995, quando don
Ferdinando Rancan era parroco ai Santi Apostoli in Verona, venne presentato il
suo primo libro intitolato “IL TEMPO,
L’ETERNITÀ” Riflessioni sulla vita,
con l’imprimatur dell’allora Vescovo di Verona, S.Ecc. Mons. Attilio Nicora, e
la presentazione del prof. Gianni Lollis, docente di storia dell’Arte e
Presidente del Consiglio Pastorale.
Pur essendo destinato per lo
più ai parrocchiani, riscontrò subito tanto entusiasmo che ne furono ristampate
a breve un paio di edizioni da distribuire in giro ai vari richiedenti, tra cui
anche autorità civili ed ecclesiastiche o comunque persone di un certo livello
culturale, che hanno risposto con lettere di ringraziamento dal contenuto
veramente sentito e profondo, quali ad esempio lo scrittore Vittorio Messori,
lo storico Pietro Galletto, il preside del Liceo Messedaglia prof. Lanfranco
Vecchiato, il Rettore dell’università prof. Gino Barbieri, alcuni sacerdoti
amici tra cui don Ermanno Tubini e don Flavio Cappucci, il presidente della
Banca Popolare di Verona, prof. Giorgio Zanotto, e della Cassa di Risparmio,
dott. Giovanni Padovani, il Vescovo di Concordia Pordenone mons. Sennen Corrà,
e di Belluno, Mons. Ducoli, il Procuratore Militare della Repubblica di Verona,
e molti altri sostenitori fra amici, parrocchiani, confratelli nel sacerdozio
ed ex colleghi di liceo dove don Ferdinando ha insegnato per parecchi anni
prima di assumere l’incarico di parroco.
Qualche anno dopo, in vista
dell’anno Santo 2000, si pensò di “rilanciare” questo libro e se ne fece carico
la Casa Editrice Ares di Milano, attraverso il suo direttore Dott. Cesare
Cavalleri ma, visto il malloppo di ben 520 pagine e il fatto che si poteva
considerare composto essenzialmente da due parti, la prima di carattere
prevalentemente ascetico e la seconda più dottrinale divulgativo, si pensò di
dividerlo in due parti, di cui la seconda prese il titolo di “LA MONETA DEL TEMPO” che ripresenteremo
prossimamente.
Questo primo libro, dunque,
riguarda essenzialmente “l’uomo” nei vari aspetti che compongono la sua vita:
antropologico, biologico, filosofico, spirituale (ricordiamo che l’autore era
laureato anche in Scienze Biologiche), avendo sempre di mira, comunque, il suo
destino di eternità, cioè il suo incontro con Dio, senza il quale, ribadiva
l’autore, l’uomo neppure è conoscibile. È un libro che riflette la vita
dell’autore e la sua comunione con Dio, (anche se l’autobiografia che narra
proprio la sua vita nei dettagli è stata raccolta in un altro libro “Storia di
un somarello”), vita di fedeltà e di amore al suo sacerdozio e al compito che il
Signore gli aveva affidato e che gli sgorgava spontaneo dal cuore: parlare
dell’amore che Dio ha per gli uomini, del suo progetto di eternità, farli
innamorare di Gesù Cristo come lui si era innamorato fin dall’adolescenza ma
soprattutto dopo aver scoperto la bellezza di nuovi “cammini divini sulla
terra”, da santificare e “amare appassionatamente” senza lasciare il mondo.
Tutto questo “torrente” di
amore per Dio, sempre vivo in lui sin dagli anni del Seminario e anche prima,
si manifestò in modo impetuoso, diciamo così, soprattutto da quando, nel
lontano 1954, a un anno dalla sua ordinazione sacerdotale avvenuta il 29 giugno
1953, ebbe la provvidenziale occasione, attraverso vicende rocambolesche che
solo la mano di Dio può inventare, di conoscere l’Opus Dei e il suo Fondatore,
Mons. Escrivà de Balaguer, proclamato Santo nel 2002 da S. Giovanni Paolo II, e
di chiederne l’ammissione come primo sacerdote diocesano in Italia. Da quel
momento, anche se don Ferdinando era e continuò ad essere a tempo pieno sacerdote
diocesano alle dirette dipendenze del Vescovo, come vuole lo spirito dell’Opus
Dei, si sentiva talmente legato alla spiritualità dell’Opus Dei, di cui si
potrebbe definire co-fondatore, che divenne impossibile parlare di lui senza
collegarlo contemporaneamente anche con l’Opera. Ma nello stesso tempo era
talmente rispettoso della libertà di ciascuno che si guardava bene dal parlare
dell’Opus Dei, anche in parrocchia, se non ne fosse stato in qualche modo
direttamente interpellato. Infatti, il primo obiettivo da far conoscere e amare
alle anime rimaneva per lui innanzitutto Gesù Cristo.
A distanza di 18 anni e
soprattutto a seguito della salita al cielo dell’autore, 10 gennaio 2017, ho
pensato, come curatrice e custode di tutte le sue opere, che ho seguito sin da
quando l’autore le aveva in mente e me ne parlava come progetto, parliamo dal
1980 in su, poi abbozzate, scritte, perfezionate e infine pubblicate con gli
anni, di riproporre questo libro on line, in modo da dare a tutti la
possibilità di leggerlo e di farne tesoro per la propria vita spirituale,
nell’attesa di poterlo pubblicare di nuovo attraverso la casa editrice “Fede
& Cultura” di Verona alla quale ci si può rivolgere per avere i libri
stampati di don Rancan
Tra le varie lettere di
congratulazioni per il libro di cui ho parlato, credo valga la pena
evidenziarne una in particolare, quella scritta da Mons. Attilio Nicora,
nominato Vescovo di Verona, come accennato, proprio quando don Ferdinando era
parroco ai Santi Apostoli, rimasto in carica per soli tre anni e mezzo, dal
1994 al 1997 circa, perché chiamato poi di nuovo in Vaticano dove, assieme alla
porpora cardinalizia, il Papa Giovanni Paolo II gli riservò anche compiti di
grande responsabilità relativi a questioni giuridiche di cui Mons. Nicora era
esperto.
Il Card. Attilio Nicora, pur
vivendo quasi sempre a Roma anche a motivo, come detto, dei suoi incarichi in
Vaticano, aveva espresso il desiderio di essere sepolto dopo la sua morte,
avvenuta il 22 aprile 2017, proprio a Verona nella cripta dei Vescovi, dove si
trovano effettivamente le sue spoglie in un bel loculo di marmo bianco, non
solo a motivo del grande affetto che ha sempre nutrito nei confronti della sua
prima e unica diocesi, Verona, dove ha potuto fare la sua esperienza pastorale
come Vescovo. Ma anche, raccontava Mons. Nicora in occasione di incontri con
pochi e intimi fedeli, per tutto quello che aveva imparato di edificante da
alcuni suoi figli sacerdoti veronesi, in particolare da don Ferdinando, per il
suo esempio di fedeltà, umiltà e disponibilità, soprattutto quando gli chiese
il sacrificio di rinunciare anzitempo alla sua parrocchia dei Santi Apostoli,
da lui tanto amata e anche restaurata con molti sacrifici, per realizzare un
vasto progetto pastorale proprio lì nella zona del centro storico di Verona,
progetto mai portato a compimento, purtroppo, a motivo del suo improvviso
trasferimento a Roma.
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Ecco la lettera:
“Al corrente dell’odierna presentazione del libro del vostro Parroco,
don Ferdinando Rancan, dal titolo “IL TEMPO – L’ETERNITÀ” mi faccio volentieri
presente con una sentita parola di apprezzamento e di augurio.
Voi ben sapete che sotto il profilo propriamente
catechistico i nostri riferimenti dovuti sono il “Catechismo della Chiesa
Cattolica” promulgato dal Papa Giovanni Paolo II e, come libro della fede per
gli adulti, il catechismo intitolato “La verità vi farà liberi” preparato dai
Vescovi italiani, del quale il Papa stesso, nella recente Assemblea Generale
della CEI, ha detto: “La corale partecipazione di tutto l’Episcopato al lungo
cammino della sua redazione e l’approvazione della Santa Sede gli conferiscono
singolare autorevolezza”.
Ciò non toglie che possano tornare utili anche libri
come quello di don Rancan, che riprendono e sviluppano in forma più elaborata e
personale alcuni profili della dottrina della fede, mettendoli in dialogo con
l’esperienza quotidiana e aprendoli a una considerazione spirituale e orante.
Sono perciò con voi nel dire “grazie” a
don Ferdinando per questa fatica, espressione della sua passione educativa e
pastorale, e apprezzo la stima e la cordialità di cui volete circondare il
vostro amato Parroco nella bella occasione della festa patronale.
Su don Ferdinando, su tutti voi, in special modo su
quanti tra voi maggiormente soffrono nel corpo e nello spirito, invoco di gran
cuore la benedizione del Signore, mentre Lo prego che vi dia luce e forza per
proseguire nel cammino della vostra testimonianza cristiana.
Verona, 4 giugno 1995 Solennità di Pentecoste
+
Attilio Nicora
Vescovo
Verona, 11 luglio 2018 – Festa di San Benedetto
Patrono d’Europa (a cura di Patrizia Stella)
BRANI DAL LIBRO
“IL TEMPO L’ETERNITÀ
Riflessioni sulla vita
🐤 1) L’UNICO
VERO DIO. Dio non ha lasciato gli uomini nell'ignoranza e nemmeno nella
confusione e nell'incertezza riguardo alla verità primaria e fondamentale della
nostra vita. Non ci ha lasciati in balia di un Dio vago e generico che appaghi
i desideri di tutti.
Dio ha voluto andare oltre la natura e con la
Rivelazione ci ha aperto gli orizzonti sconfinati della sua realtà divina e le
meraviglie compiute dal suo amore. Questa Rivelazione ci fa conoscere le due
Verità fondamentali della nostra fede: l'Unità e Trinità di Dio; l'Incarnazione,
la Passione, la Morte e la Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. È questa
la fede cristiana. Una fede che non solo illumina il nostro intelletto, ma
stabilisce tra noi e l'unico vero Dio un rapporto nuovo, soprannaturale, divino
e anche umano nella Persona del Figlio di Dio: Gesù.
🐤 2) IL DESTINO ETERNO DELL’UOMO. "Gloria di Dio è l'uomo
vivente" dice S. Ireneo di Lione, ciò vuol dire che l'uomo non può essere
sufficientemente definito e compreso, se non si tiene conto del suo destino di
eternità, del suo fine ultimo. In altre parole l'uomo non è definibile e
nemmeno intelligibile se non si tiene conto del fine al quale è stato chiamato:
la visione di Dio e l'intima Comunione con Lui".
🐤 3) SIGNIFICATO DEL DOLORE. Quando il dolore ci sembra ingiusto e
crudele, disumano e ingiustificabile, l'unica risposta è la preghiera di
abbandono; cioè l'atteggiamento di una creatura che non comprende ma che si
consegna nelle braccia di suo Padre. È questo l'atteggiamento degli umili e dei
semplici, di chi è convinto che Dio non è un Signore lontano, che assiste
indifferente e impassibile al dolore degli uomini, ma un Padre ricco di
misericordia che, come racconta la parabola del buon samaritano, ha inviato suo
Figlio Gesù a raccoglierci "percossi e feriti" su questo nostro
cammino terreno, a fasciare le nostre ferite versandovi l'olio della sua pietà
e della sua consolazione.
🐤 4) LA QUARESIMA: LA GIOIA DEL RESTAURO. È vero, gli anni ci tolgono
energie fisiche, ma ci danno la sapienza del cuore; affievoliscono gli occhi
del corpo, ma affinano gli occhi dell'anima; ci offrono quella che possiamo
chiamare " la gioia del restauro".
Chiamiamo cosi la possibilità di riparare gli errori
della nostra vita. Riparare il male commesso è uno dei gesti più nobili e degni
di rispetto: possiamo riparare accettando innanzitutto con lealtà e umiltà le
conseguenze spiacevoli o dannose causate dai nostri comportamenti; possiamo
riparare il danno materiale e morale arrecato con le nostre azioni o tutto ciò
che di sbagliato c'è stato nelle nostre scelte e convinzioni.
Proprio con la penitenza possiamo compiere l'opera di
"restauro" della nostra anima e della nostra vita. La consapevolezza
di aver rettificato i nostri errori, i nostri sbagli, anche col sigillo di una
buona confessione generale di tutta la vita, riparando il male commesso, è
fonte di pace e di gioia, del "gaudium cum pace" che Dio concede alle
anime umili.
🐤 5) LA
SPERANZA. Nella vita non possiamo
camminare senza il "pane" della speranza. Per noi cristiani questo
pane è la fiducia in Dio e la meta è la perfetta Comunione con Lui in cielo. Il
pane della speranza è forza e sostegno per la nostra anima perché genera in noi
la certezza che Dio non inganna.
Esiste un pane mondano di coloro che mettono la loro
fiducia non in Dio ma solo nella efficienza, nel successo, in quella
"società perfetta" che è l'utopia di tutte le ideologie moderne. E a
forza di puntare solo sulle nostre forze escludendo l'aiuto di Dio come inutile
o come intralcio ai nostri progetti, Dio si fa da parte e ci lascia campo
libero. "Speriamo che tutto vada bene" si dice allora comunemente ma
senza alcun riferimento all'intervento di Dio nella nostra vita. Noi cristiani
siamo chiamati a percorrere il tempo della nostra vita sostenuti dalla
"speranza" come virtù umana che ci fa puntare sull'aiuto di Dio nei
vari problemi della vita, ma soprattutto siamo chiamati a vivere la SPERANZA
come VIRTÙ TEOLOGALE che ha come oggetto Dio stesso o meglio, la Comunione
perfetta con Lui nel cielo. La meta della Speranza cristiana, la Speranza dei
figli di Dio, è dunque altissima: è il Sommo Bene, conosciuto, desiderato e
amato da noi come l'unico BENE veramente prezioso e importante.
🐤 6) SPERANZA
E SANTITÀ. Dire che l'oggetto ultimo della speranza è Dio stesso in una
perfetta ed eterna Comunione con lui, è come dire che siamo chiamati alla
santità. È una meta che va oltre ogni possibilità umana e nessuno potrebbe
aspirare a tanto se non sapesse che ciò corrisponde a una precisa volontà di
Dio. Questo infatti è il suo progetto su di noi dall'eternità: "Lui (Gesù)
ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al
suo cospetto". (Ef. 1,4).
La meta è tanto alta che pochi cristiani sono
veramente convinti di essere chiamati alla santità. Sono invece molti che
giudicano perfino poco praticabili i Comandamenti di Dio e vogliono adattarsi a
una vita cristiana piu "normale". La loro speranza non va oltre le
esigenze della mediocrità, si accomodano su un livello di vita onesto, da
galantuomini, limitandosi a non fare del male a nessuno e a rispettare tutti.
Tarpano così le ali della speranza cristiana che in tal modo non conosce più le
divine audacie della santità evangelica, le pazzie di un amore che non si
appaga di mediocri desideri.
🐤 7) L'INTELLETTO
NELL'ATTO DI FEDE. Non c'è dubbio
che nella nostra cultura occidentale la grande malata è l'intelligenza. In
tutte le epoche storiche l'oscurarsi dell'intelligenza è sintomo di decadenza.
Perciò una rinascita della cultura occidentale non può cominciare che dalla
rinascita dell'intelligenza recuperandola alla verità e restituendola al suo
ruolo primario nella vita della persona e della società.
Nel pensiero di San Giovanni ciò che si contrappone
alla verità non è l'errore ma la menzogna. Il non uso dell'intelligenza porta
all'ignoranza colpevole della verità col rischio non solo di cadere nell'errore
ma nella menzogna e di essere più facilmente manipolabili dai nemici di Cristo.
Nell'uomo la conoscenza non è infusa, né intuitiva, ma è acquisita. Abbiamo
perciò bisogno dello studio e dell'istruzione anche per approfondire le verità
della nostra fede. Molti cristiani sono rimasti con una conoscenza elementare,
incompleta, ricevuta da bambini e mai approfondita della Rivelazione che Dio ci
ha dato.
Una formazione superficiale circa la dottrina della
Fede porta a vivere una vita cristiana mediocre, facile al compromesso e
soprattutto povera di amore. Infatti si ama poco ciò che si conosce poco. E nel
caso della nostra Fede cattolica, se non si conosce, anche attraverso lo studio
della dottrina, chi è Dio e quanto grande è il suo amore per ognuno di noi,
come potremo a nostra volta pronunciare quelle preghiere del cristiano tutte
impostate sul rapporto di amore tra la creatura e il suo Creatore? "Ti
adoro, mio Dio e ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio di avermi creato,
fatto cristiano e conservato in questo giorno...". Quanto è meraviglioso
il nostro Dio-Amore e quanto grande è la nostra responsabilità se non ci
impegniamo per conoscerlo, attraverso la preghiera e lo studio della Sua Parola
e della dottrina cattolica che la Chiesa lungo i secoli ci ha tramandato.
🐤 8) FIGLI
DI DIO O CREATURE DI DIO. La vita
umana non è riducibile solo al suo ciclo biologico perché ha come filo
conduttore il pensiero e l'esperienza interiore. Il nostro essere persona
conserva la sua identità e la sua unicità pur attraversando le fasi del ciclo
vitale: infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità, vecchiaia, perché le
singole età della vita sono fasi di un'unica esperienza vissuta da un unico
soggetto: l'io.
Tutta la vita è un dono, è tutta data e ricevuta.
Quando non la sappiamo vedere come dono, non ci resta che subirla come una
fatalità. Se sapremo risalire dalla nostra vita a Colui che ce l'ha donata, a
Dio, fonte dell'essere e della nostra esistenza, arriveremo a una delle
esperienze interiori più affascinanti: la consapevolezza della nostra
"creaturalità". Il pensiero moderno l'ha da tempo rifiutata, tuttavia
riscoprire questa verità è un'autentica rivoluzione culturale.
Nel cristianesimo tutta l'esperienza religiosa si
fonda essenzialmente sul senso vivo della nostra Filiazione divina che ci
unisce a Cristo e che discende da quella verità stupenda e consolante che è la
paternità di Dio. Ma questa esperienza non è immediata e diretta, perché è del
tutto soprannaturale ed esige la fede.
L'esperienza creaturale invece, può essere immediata e
diretta perché si tratta di una realtà costitutiva del nostro essere e senza di
essa non è possibile nemmeno una vera religiosità puramente naturale. Per
questo è importante far capire anche ai non cristiani la consapevolezza di
essere creature per arrivare a Dio Creatore innanzitutto, e solo
successivamente a Dio Padre, concetto cristiano per eccellenza. Se io mi spingo oltre il momento iniziale
della mia esistenza, mi incontro con Dio, puro Atto di essere, dalla cui
Onnipotenza io emergo come creatura che ormai non si staccherà più da lui
perché Egli la tiene nelle sue mani: mani grandi di Creatore onnipotente e
fedele. Sgorgano come un grido le parole del Salmo: "In manibus tuis
tempora mea". Nelle tue mani sono i miei giorni. Tu sei la mia Sorgente,
la mia Onnipotenza; sei per me l'Essere e l'esistere, il mio vivere, il mio
tutto. Noi non assaporiamo mai abbastanza la bellezza di questa esperienza
creaturale, esperienza esaltante e indicibile, primo passo indispensabile per
comprendere meglio quello successivo: la paternità di Dio.
🐤 9) POTENZA DELLO SPIRITO SANTO. L'intimità di Dio è lo Spirito Santo.
È nello Spirito Santo che noi partecipiamo alla vita intima di Dio, cioè
all'amore del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre. Perciò siamo
stati battezzati nello Spirito Santo, ed è nello Spirito SANTO che noi
comprendiamo le cose di Dio. Non è una comprensione esclusivamente
intellettuale, ma “una’esperienza" intima della comunione con Dio. Non si
tratta di esperienza psicologica, frutto del nostro sforzo personale, ma di una
esperienza spirituale di origine soprannaturale perché nasce da una
inesprimibile "azione di Dio" nell'intimo della nostra anima. Azione
di Dio! Cioè dello Spirito Santo. Condotta da Lui, l'anima si addentra sempre
più profondamente nell'intimità della vita divina, sicché possiamo dire che lo
sviluppo della vita cristiana è un progressivo inoltrarci nel mistero della
Vita Trinitaria con la guida e l'azione dello Spirito Santo che ci fa
partecipare all'amore eterno del Padre e del Figlio.
🐤 10) PREGHIERA
A SAN GIUSEPPE PER L’ITALIA. Percependo
da anni la situazione difficile in cui versa la nostra patria (fieri di
chiamarla così) d. Ferdinando aveva invitato i fedeli a recitare questa bella e
antica preghiera a S. Giuseppe, patrono della Chiesa universale e quindi anche
dell’Italia, come Sede del Papato.
Glorioso San Giuseppe,
sposo della Vergine Maria, Madre di Gesù,
tu che sei patrono della Chiesa universale,
ascolta le suppliche che ti rivolgiamo
in quest'ora di confusione e di decadimento:
proteggi l'Italia e tutte le nostre famiglie.
Quell'Italia scelta con predilezione da Cristo
per collocarvi la sede del suo Vicario il Papa;
quell'Italia disseminata dei santuari della Vergine
Maria
e forgiata dai Santi.
Ottienici
con la tua potente intercessione,
unita
a quella della tua Santissima Sposa,
uomini
nuovi, che abbiano il coraggio di abrogare le inique leggi
contro
Dio e contro l'uomo.
Fa'
che la nostra patria possa continuare ad essere
centro
vivo di civiltà cristiana,
faro
di luce in tutto il mondo,
terra
di Santi per la gloria di Dio
e per
la salvezza di tutti gli uomini.
GESÙ GIUSEPPE E MARIA,
SALVATE CHIESA E ITALIA. COSI’ SIA
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