LA SETTIMANA SANTA
Con piccoli brani dal libro "In
quella casa c'ero anch'io".
di don Ferdinando Rancan
La cena in casa di Simone prima
dell'ingresso trionfale delle Palme.
"La
sera del sabato ci trovammo tutti riuniti a cena in casa di Simone, con Gesù e
Lazzaro ospiti d'onore. L'atmosfera era particolarmente festosa. Erano stati
invitati anche alcuni notabili del paese, e perciò il banchetto assumeva il
significato di una festa del villaggio in onore di GESÙ ma anche per
festeggiare Lazzaro il quale, dopo la sua risurrezione, era come scomparso.
Inoltre, a tenere alto l'entusiasmo, contribuiva il racconto dei miracoli che
Gesù aveva compiuto al suo passaggio per Gerico: la guarigione del cieco
Bartimeo; la conversione di Zaccheo, uno dei più ricchi e odiati personaggi
della Regione.
(...) . Improvvisamente dalla porta che dava
sull'atrio, si vide entrare una donna che recava in mano un vaso di alabastro a
forma di boccia con un lungo collo sigillato. Subito non la riconobbi ma quando
si fu avvicinata vidi che era Maria, la sorella di Lazzaro. Nella sala si fece
silenzio mentre Maria, tenendo l’ampolla tra le mani, vibrò un colpo secco
contro l'idra di pietra che era lì accanto. Il collo del vaso saltò via di
netto. Allora si avvicinò a Gesù e mettendosi in ginocchio dietro di lui,
cominciò a versare il contenuto dell'ampolla sul capo del Signore, passando
leggermente la mano suoi suoi capelli per diffondervi l'olio profumato fino a
raggiungere i suoi piedi che baciò tra le lacrime e asciugò con i suoi capelli.
Nessuno della sala osava intervenire (...) Allora Giuda, costernato e avvilito,
disse "Quest'olio prezioso sprecato in questo modo, se venduto, poteva
rendere più di trecento denari da dare ai poveri". Allora Gesù guardò
Giuda
con uno sguardo severo ma insieme pieno di affetto. Poi disse
"Lasciala! Che faccia quello che si sente di fare compiendo un'opera buona
verso di me. I poveri ci saranno sempre in mezzo a voi, ma io non ci sarò
sempre. Maria ha anticipato la mia sepoltura. Vi dico, anzi, che dovunque sarà
predicato il Vangelo, quello che essa ha fatto per me servirà di esempio."
Giuda si fece scuro in volto e tornò al suo posto.
Maria si riordinò i capelli e dopo aver baciato i piedi di Gesù, gli rimise i
sandali, si alzò e senza guardarlo, si avviò verso le altre donne che le fecero
ala e la seguirono. (...) Mi tornarono
allora alla memoria episodi analoghi al gesto di Maria, come quello accaduto in
Galilea, in casa di un altro Simone, un Fariseo molto meno generoso e ospitale
verso Gesù. Anche in quella occasione Gesù aveva difeso una donna, una
illuminata peccatrice che gli aveva lavato i piedi con le sue lacrime di amore
e di pentimento, e al Fariseo che in cuor suo lo aveva giudicato male, disse:
"le sono perdonati i suoi molti peccati perché molto ha amato".
Già!
L'amore! Sono questi i gesti ai quali può spingere l'amore. Gesti che sono pazzie agli occhi di chi non sa
amare. Per l'uomo egoista, i soldi valgono più dell'amore. Per l'uomo
ambizioso, il successo vale più dell'amore. Per l'uomo animale il piacere vale
più dell'amore. Per l’uomo violento la vendetta vale più del perdono. E
chiunque porta un cuore arido e gretto non può capire l'amore. Perciò non può capire
Gesù. Difendendo il gesto di Maria, Gesù ha difeso l'amore. E ha proclamato
solennemente che annunciare il Vangelo è annunciare al mondo l'amore. "Dio
ha tanto amato il mondo da darci il suo figlio unigenito". Perciò non c'è
misura per l’amore. La misura dell'amore è amare senza misura. L'amore sa
sprecare per la persona amata ciò che ha di più prezioso e di più caro. Perciò,
nemmeno l'uomo mediocre può capire l'amore. Il disagio che noi commensali
abbiamo provato davanti al gesto di Maria, veniva dalla nostra mediocrità.
Signore, come possiamo amarti senza misura? Forse
dovremo ricordarci del molto che ci è stato perdonato. Il tuo perdono senza
misura - perdono che ci hai ottenuto col sacrificio della vita - richiede da
noi un amore senza misura. Un cuore che ama a metà, che spartisce l'amore, non
sarà mai capace delle audacie e delle pazzie dei santi. Quante volte, in nome
della povertà, ti abbiamo trattato con taccagneria, con grossolanità, con
freddezza, con indifferenza.
Da tanti
anni vivo accanto a Maria, e non ho ancora imparato l'aristocrazia dell'amore,
la finezza del dono, la magnanimità del Cuore. Gesù, voglio anch'io amarti con
l'amore di Maria, della Maddalena, con l’amore della tua santissima Madre.
La Domenica delle Palme
Il mattino
seguente Gesù era in piedi per tempo e tutta la casa era in movimento. Le donne
avevano preparato una sostanziosa colazione e i discepoli avevano predisposto
tutto per l'ingresso ufficiale di Gesù nella città Santa. Attorno alla casa si
era riunita molta gente del villaggio con l'intenzione di unirsi a noi. Ai
primi raggi del sole Gesù si mise in cammino avendo prima mandato avanti due
discepoli, i fratelli Simone e Giuda Taddeo, in direzione di Betfage, piccolo
villaggio presso la sommità del monte degli Olivi. Aveva dato loro l'incarico
di sciogliere l'asina con il suo puledro che si trovavano legati vicino alla
prima casa del villaggio, dicendo al padrone che il Maestro ne aveva bisogno e
che glieli avrebbe restituiti in giornata.
Quando
infatti i due Apostoli tornarono con le cavalcature e Gesù si accinse a salire
sull'asinello, nella folla che lo seguiva scoppiò l'entusiasmo mentre il corteo
si faceva sempre più numeroso e variopinto: gente di tutte le età e di tutte le
provenienze ma tutti accumulati da un'unica convinzione: il momento decisivo
era arrivato, il figlio di David entrava come Re di Israele nella Città Santa
tra le acclamazione festoso della folla "Benedetto Colui che viene nel
nome del Signore. Osanna nell'alto dei Cieli".
Il lamento di Gesù su Gerusalemme.
Gesù, seduto
sull'asinello, si lascia osannare dalla folla che lo proclama Figlio di Davide,
inviato da Jahve' che equivaleva a una proclamazione messianica. E davanti alla
contestazione dei Farisei, Gesù fermò il puledro ed esclamò "Se questa
gente tacesse, griderebbero le pietre". Poi Gesù dalla sommità del monte
degli Olivi, si fermò a guardare la città Santa che gli stava davanti in tutta
la sua magnificenza con uno spettacolo impressionante nella sua bellezza. Il
sole investiva da Oriente tutta la città che offriva in primo piano il
complesso monumentale del Tempio ampliato e abbellito da Erode il Grande. (...)
. Gesù stette immobile a guardare e all'improvviso scoppiò in pianto. La sua
città, la città di Dio, il luogo di tante meraviglie compiute dal Signore era
lì ai suoi piedi, ma era una città chiusa alla visita di Dio.
E tra un singhiozzo e l'altro mentre Giovanni che era
accanto a lui cercava di consolarlo, cominciò a mormorare "GERUSALEMME!
GERUSALEMME! Se anche tu avessi compreso in questo giorno ciò che giova alla
tua pace! Ma ecco, ora è nascosto ai tuoi occhi. Verranno giorni in cui i tuoi
nemici ti cingeranno di trincee e ti assedieranno da ogni parte... e non
lasceranno in te pietra su pietra perché non hai riconosciuto il tempo in cui
sei stata visitata".
Sei secoli prima, queste lacrime su Gerusalemme messa
a ferro e fuoco dagli eserciti di Babilonia, le versava il grande profeta
Geremia. Il profeta versava lacrime sulla infedeltà di Gerusalemme. Il popolo
era venuto meno alla Alleanza col suo Dio e il suo pianto, come quello di Gesù,
andava ben oltre al desolante spettacolo di una città distrutta. O Gesù, ora
quella città è qui davanti ai tuoi occhi. La sua infedeltà alla Alleanza si
consuma oggi nel rifiuto verso il suo Dio che viene a lei mansueto su un
asinello. (...)
Ma il tuo sguardo Gesù, immensamente più profetico di
quello di Geremia, va ben oltre alla tua città e al suo Tempio. Per te ogni
anima è una città Santa, è una Gerusalemme dove Dio ha compiuto le sue
meraviglie. E quando quest'anima si cinge di mura impenetrabili, di
indifferenza, di rifiuto e di ostinata chiusura alla voce di Dio che viene a
visitarla, quest'anima finirà preda del maligno che distruggerà in lei ogni
grazia, spegnerà ogni bellezza, cancellerà ogni segno dell'amore di Dio
riducendo la a un tizzone fumante, a un luogo tenebroso dove è "pianto e
stridore di denti" . È la fine miseranda di ogni anima che rifiuta la
visita del suo Dio venuto per la sua salvezza. (…)
Ma se l'anima accoglie l'amore del suo Dio, Egli
stesso inonderà quest'anima di fiumi di misericordia inviando il suo Santo
Spirito che la purificherà rinnovando la terra e preparerà per lei una nuova
Gerusalemme.
IL TRIDUO PASQUALE
GIOVEDÌ SANTO
Giovedì Santo vuol dire “Eucaristia”. È infatti il giorno, anzi la sera in cui Gesù compì
il miracolo più strepitoso che si possa mai immaginare. Nel momento della Cena,
la cosiddetta "ultima Cena" Egli istituì il miracolo più grande in
assoluto: l'EUCARISTIA, cioè il dono di sé stesso all'umanità.
Gesù, fino
alla fine dei tempi tu sarai in mezzo a noi come l'amore misericordioso del
Padre, come il Redentore dell'uomo. Ormai non ci sarà più bisogno dell'agnello
pasquale; ogni sacrificio e ogni vittima offerta dall'uomo non avrà più valore.
Sarai tu l'unico Agnello, l'unica vittima, l'unico Altare, l'unico Sacerdote:
la stanza del Cenacolo stasera è diventata il Cuore del mondo.
L'amore cerca la Comunione completa, la Comunione
piena. Tu Gesù sei una cosa sola col Padre e nell'Eucaristia hai voluto essere
una cosa sola con noi. La comunione tra due persone è proporzionale al loro
amore: il tuo amore trascende ogni misura umana perché la Comunione che
desideri realizzare con noi trascende ogni comunione umana. Nell'amore sponsale
saranno "due in una sola carne", nell'Eucaristia saremo due in un
solo corpo e in un solo spirito: tu in me e io in te. Nella Comunione Eucaristica
tu mi unisci al tuo Corpo e al tuo Sangue, mi fai partecipe della tua divinità,
della tua filiazione divina, e anticipi la mia comunione con te nella gloria.
Gesù mio, potremo noi comprendere questa pazzia
d'amore che ti ha preso? Potremo mai misurare le altezze vertiginose del tuo
prodigio, la profondità abissale del tuo dono, l'ampiezza incommensurabile
della tua sete d'amore? Gesù mio, come potremo seguirti su questa strada?
"Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi"... Comunica
anche a noi, ti prego, il desiderio ardente di Comunione con te, di condividere
la tua vita, di partecipare alla tua Pasqua ed essere anche noi uniti
nell'amore, e un giorno uniti nella gloria!
Giovedì Santo vuol dire
"Sacerdozio".
Gesù, hai voluto che i tuoi Apostoli potessero
rinnovare quello che tu hai fatto questa sera. Perciò li hai fatti partecipi
del tuo sacerdozio, hai chiesto loro di rinnovare lungo i secoli il tuo gesto
d'amore, il gesto sacrificale che offre ad ogni uomo la possibilità di
incontrarti come Redentore e di unirsi al tuo sacrificio, al tuo corpo
sacrificato e al tuo sangue versato, corpo e sangue che danno la salvezza, la
vita eterna, il diritto a risorgere con te nella gloria.
Ogni
sacerdote diventerà un altro te stesso e usando le tue stesse parole, potrà
rinnovare su tutti gli altari della terra il miracolo di questa Cena.
I tuoi Apostoli saranno il fondamento della Chiesa in
quanto saranno i sacerdoti della tua Eucaristia. Dove non c'è Eucaristia, non
c'è Chiesa. Con l'Eucaristia tu prolungherai nei secoli, in mezzo a tutti i
popoli della terra, la tua presenza: presenza di salvezza, presenza di Dio che
cerca, redime, cammina con le sue creature su tutti i cammini della terra che
ormai saranno per sempre i cammini del cielo.
Gesù mio come hai potuto pensare una cosa simile? Come
hai potuto inventarti una meraviglia come questa, un miracolo così grande? Solo
un amore senza limiti può fare questo e tu ci hai amati fino in fondo. Solo l'onnipotenza
di un Dio innamorato, "impazzito" per la sua creatura può arrivare a
tanto.
Un giorno, su tutta la faccia della terra innumerevoli
tabernacoli saranno, in mezzo all'umanità tanti "roveti ardenti" che
parleranno d'amore, tante sorgenti d'acqua viva, tante fonti di grazia e di
misericordia. Lì, innumerevoli anime assetate d'amore troveranno Colui che si è
fatto "prigioniero d'amore" per non lasciare orfani quanti dall'Amore
sono nati e all'Amore hanno creduto.
VENERDÌ SANTO
Nell'orto degli Olivi.
Oltrepassato l'alveo secco del torrente, arrivammo in
breve all'entrata del Getsemani, l'orto degli Olivi. Gesù rallentò il passo e
tutta la comitiva degli Apostoli che lo seguiva poté ricomporsi. Quando li ebbe
tutti vicini, Gesù ribadì un avvertimento che aveva espresso durante la Cena:
"Ricordate che sta scritto: percuoterò il pastore e le pecore saranno
disperse. Voi tutti sarete messi alla prova per causa mia questa notte, ma dopo
la mia risurrezione, vi attenderò in Galilea". Quindi ordinò ai discepoli
di sistemarsi dove potevano per passare la notte mentre egli sarebbe andato più
in là a pregare. Ma già appariva tremante con forti brividi che lo scuotevano
tutto, dalla testa ai piedi. Allora, come fosse preso da un panico improvviso,
chiamò Pietro, Giacomo e Giovanni: "Voi disse , venite con me. Ecco,
un'angoscia mortale sta schiacciando la mia anima. Statemi vicino e vegliate
con me in preghiera per non soccombere nella prova.". (...)
Pietro non dimenticherà mai quella supplica accorata
che nel dormiveglia era riuscito a cogliere e che gli era penetrata dentro
l'anima: "Padre allontana da me questo calice! Tuttavia, non ciò che
voglio io, ma ciò che vuoi tu... e poi ancora "Abba', Padre mio, Padre
mio, Padre mio". Quelle grida strazianti nel silenzio di tutto il creato
dove solo un bagliore di luna illuminava di una luce sinistra alberi e
sterpaglie, mettevano i brividi.
La solitudine di Dio
Gesù mio, chi mai avrebbe potuto vegliare con te in
quella notte? Quale creatura avrebbe mai potuto aiutarti nella titanica agonia
che ha schiacciato la tua anima fino a farti trasudare rivoli di sangue? E
quale essere umano poteva farti compagnia nell'abisso della tua tristezza, o
nel mare sconfinato della tua angoscia? Tu invece hai voluto cercare aiuto e
sei venuto a noi a mendicare anche solo una parola, uno sguardo, un silenzio...
e noi non abbiamo saputo darti altro che sonno, torpore apatia.
Gesù mio, può l'onnipotenza di Dio cercare aiuto nella
debolezza dell'uomo? Può la sapienza eterna di Dio chiedere comprensione dove
non c'è intelligenza per capire? E può "Colui che è " invocare sostegno
da "Colui che non è?".
Gesù mio,
chi mai poteva pensare che in quel "verme della terra" che strisciava
nella polvere, c'era il Figlio diletto del Padre? Chi mai poteva immaginare che
in quelle urla che straziavano i cieli notturni c'era la voce del Verbo Eterno
che ha creato la terra e tutto l'universo?
No! Gesù mio, no! Non potevi venire da noi perché noi
non potevamo venire da te. Eri solo nel deserto quando hai sconfitto il nemico
infernale, e dovevi restare solo questa notte nel Getsemani quando il maligno è
tornato a insidiarti. Noi non lo sapevamo, né abbiamo potuto vederlo, ma esso
era lì accovacciato davanti a te: ti chiedeva di non dare la tua vita per
esseri spregevoli e indegni come noi, di non accettare la croce che avrebbe
significato la tua sconfitta di fronte al mondo, o semmai di riscattarci con la
spada; avevi legioni di Angeli pronti per farti trionfare suoi tuoi nemici e
mostrare al mondo la tua forza. E tu invece hai voluto mettere in guardia
anche noi, perché Satana sarebbe venuto a vagliarci come il grano.
Ma per noi non c'era bisogno della tentazione. A
tentarci bastavano la nostra miseria e la nostra debolezza. Del resto sapeva
bene il maligno che, percosso il pastore, anche le pecore sarebbero andate
disperse. Satana è venuto per te, con te esso aveva un conto ancora aperto ed
era tutto da saldare. Esso è venuto ad afferrare in una morsa la tua umanità
usando le armi più subdole della sua astuzia e della sua rabbia per impedirti
di compiere la volontà del Padre. Egli fin da principio è stato il
"rifiuto" perché il suo nome è ribellione. E noi gli avevamo creduto.
Perciò solo tu potevi dire "Ecco, io vengo o Padre, a fare la tua volontà.
(...)
Tu eri in quel momento tutta l'umanità dolente e
straziata, tutta l'umanità triste e malvagia: l'umanità peccatrice. In quel
momento tutti i Caino che hanno ucciso, tutti i Giuda che hanno tradito, tutti
gli spergiuri che hanno bestemmiato, tutti gli Erode che hanno sterminato gli
innocenti erano lì e pesavano su di te. Su di te si sono ammassati gli abitanti
di Sodoma e Gomorra, gli abitanti di Ninive e Babilonia, gli inquilini delle
galere di tutti i tempi. Tu eri l'erede di tutti i faraoni che hanno oppresso i
popoli, di tutti gli Epuloni che hanno disprezzato i poveri, di tutti gli
schiavisti che hanno venduto come merce da pochi soldi milioni di fratelli.
Tutto ciò che è violenza, tradimento, spergiuro, infedeltà, vendetta,
ingiustizia e menzogna era lì, scritto sulle tue mani, sulla tua fronte, suoi
tuoi occhi, su tutto il tuo corpo, nel tuo cuore.
Tutte le madri che hanno soffocato nel grembo le
proprie creature, tutte le prostitute che hanno mercificato il proprio corpo,
tutti gli adulti che hanno tradito e infangato l'amore, tutte le Erodiadi che
hanno sedotto e chiesto la testa dei Profeti di Dio: un carico immenso di
vergogna pesava sulle tue spalle. Su di te l'orrore dei lager, dei forni
crematori, dei gulag, delle foibe, dei campi di sterminio, delle pulizie
etniche. I Giacobini di tutti i tempi, tutti i Napoleoni che hanno insanguinato
del loro orgoglio le contrade della terra, tutti i potenti del mondo che hanno
riempito gli arsenali di bombe atomiche, che hanno soffocato i poveri, e tutta
la brutale crudeltà di quanti hanno inventato i capestri, i roghi, la
ghigliottina e i più brutali strumenti di tortura. Tutti costoro con tutti i
malvagi della terra erano lì con te in quella notte, portavano scritto il tuo
nome.
Gesù come hai potuto caricarti di tante iniquità? Come
hai potuto mentire al mondo intero, ingannare, tradire, opprimere con leggi
perverse i popoli della terra? Perfino i corruttori di bambini, i profittatori
di innocenti, gli oppressori dei deboli! Tutti col tuo nome! Tu eri in quella
notte davanti al Padre tutto il male del mondo, tutte le iniquità della terra.
Gesù mio chi poteva reggere a questa marea di fango e di putridume? Chi poteva
trasformare questa infinita e tragica ribellione dell'uomo in una docile
obbedienza all'amore del Padre?
Ed ecco che tu sei sceso nel più profondo degli abissi
e ti sei fatto maledizione per ottenerci misericordia. E così con la tua morte,
hai sconfitto il maligno. L'umiltà e l'obbedienza sono incompatibili con la
superbia e la ribellione. Tu infatti pur essendo Dio ti sei annientato
prendendo la natura di servo e divenendo simile a noi peccatori. (...)
La Passione.
La crocifissione dei due ladroni fu più semplice e fu
eseguita per prima. Vennero poi a Gesù. Lo spogliarono della tunica che misero
da parte assieme alla veste e al mantello. Era la tunica inconsutile che Maria
aveva terminato di tessere poco prima che Gesù lasciasse la sua casa. Quando
quel Corpo si presentò ai nostri occhi nudo, fummo presi dal terrore. Solo un
odio satanico può ridurre un essere umano in quelle condizioni! Non c'era un
lembo di carne che fosse integro: le spalle e la schiena maciullate, le braccia
e le cosce sembravano mangiate dalla lebbra, il suo bel viso sfigurato da
sangue, lividi, tumefazioni, sputi era irriconoscibile se non per quegli occhi
grandi, mansueti e luminosi che davano ancora un aspetto maestoso, da
"Rabbi" a tutta la sua persona.
Il quadro era terrificante e costringeva a una pietà
infinita. Maddalena e Salome si voltarono verso le mura e furono prese da una
forma di deliquio; Myriam fece ricorso a un vasetto di sali per rincuorarle.
Maria, inondata di lacrime, era comunque la più coraggiosa. Teneva le mani
incrociate e tremanti sotto il mento e senza mai staccare il suo sguardo da
Gesù, continuava a sussurrare con un filo di voce: "Gesù, Figlio mio,
Figlio mio, Gesù..."
Prima che Gesù venisse disteso sul patibolo, Giuseppe
di Arimatea si tolse l’ampio copricapo di lino bianco e facendo un cenno ai
soldati, si avvicinò a Gesù e glielo cinse ai fianchi. I soldati lo guardarono
e lo lasciarono fare. Allora gli sgherri presero la corona di spine e tornarono
a conficcargliela sul capo con spasimi indescrivibili. Poi lo presero per i
polsi e lo distesero sul patibolo. Cominciarono stridenti colpi di martello ai
polsi e ai piedi che sembrava spaccassero i nostri timpani, sopraffatti solo in
parte dagli schiamazzi e dai sarcasmi della plebaglia che si era distribuita
intorno a debita distanza.
Maria in lacrime, sotto la croce di Gesù, circondata
dalle donne affrante e da Giovanni, nel tentativo di rincuorare tutti, si fece
coraggio, si asciugo le lacrime e disse emettendo un lungo respiro: "Non
abbiate paura, non dobbiamo aver paura. Gesù ci è stato tolto per un poco, poi
lo riavremo perché Gesù è nostro e non può togliercelo nessuno. Lo riavremo
presto il nostro Gesù. Vorrei essere io al suo posto, vorrei che li dessero a
me quei colpi. Non è la paura che mi fa soffrire, ma l'amore. Il dolore fa
paura, l'amore fa morire. Muoio perché lui muore... ma non dobbiamo temere, è
per poco, solo per un poco". (...)
A un certo punto Gesù alzò la testa, aprì gli occhi e
con uno sforzo doloroso si sollevò facendo leva sulle braccia. Guardò
lungamente sua Madre, poi con voce colma di affetto disse "Donna, ecco tuo
figlio" e fissò Giovanni che era lì accanto a lei. Poi, senza staccare lo
sguardo da Giovanni, continuò "Ecco tua Madre". (...)
E così, Madre mia, Gesù ti ha proclamata Madre nostra.
In quel discepolo amato ci siamo tutti noi. Da oggi ogni creatura umana può
invocarti come Madre. Il figlio di Dio appeso in croce ci ha ottenuto di
diventare anche noi figli di Dio, e figli tuoi. Gesù crocifisso inaugura la tua
maternità universale che abbraccia tutti gli uomini fino alla fine dei tempi.
IL GRANDE GIORNO: LA RISURREZIONE
Alle prime luci dell'alba le donne erano già in piedi
e si affaccendavano nei loro preparativi per andare al sepolcro procurandosi
aromi e quanto fosse necessario per completare la sepoltura di Gesù.
Era rimasta in casa solo Maria la quale, come sempre,
si muoveva in silenzio, leggera come un Angelo, per risparmiare rumori e fastidi
al nostro riposo mentre si adoperava a prepararci la colazione del primo
mattino. (...) Io, indossati in fretta sandali e tunica, mi mossi subito
cercando di lei, di Maria e la trovai al piano superiore, nella sala grande, il
Cenacolo, sicuro che l'avrei trovata lì.
Fu così infatti, ma, arrivato sulla porta della stanza,
mi dovetti fermare. Stava accanto alla finestra, immobile, come estasiata,
sembrava un'altra persona: i suoi occhi scintillavano di gioia e di tenerezza,
il suo volto era illuminato da un sorriso che mi ricordava quello dell'Annunciazione
quando fu visitata dall’Angelo. Tutta l'espressione del suo viso tradiva una
felicità intima e misteriosa che doveva nascere da qualcosa di straordinario e
di immensamente commovente.
Quando mi vide, mi venne incontro e, abbracciandomi
forte, disse: "Figlio mio, il nostro Gesù è ancora con noi! È ancora con
noi... lo vedrai presto! Lo vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non
dobbiamo più soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è avverata la
sua promessa, si è compiuta la Sua parola. Sia ringraziato il Signore nostro
Dio, sia Benedetto nei secoli! Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo
Amore, ha fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia".
Mi parlava con una commozione vivissima e
indescrivibile e nello stesso tempo, raccolta e dignitosa: non aveva nulla di
scomposto e di eccitato. Solo alcuni lacrimoni le rigavano le guance come
stelle luminose che brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante, poi
si allontanò da me e si recò di nuovo alla finestra spingendo lo sguardo in
direzione del sepolcro, poi verso il Tempio, poi in alto verso il cielo...
(...)
Venne di nuovo verso di me e tornò ad abbracciarmi
come se volesse trasmettermi la sua gioia. Infine, con voce sommessa, quasi
mormorando, come se parlasse con sé stessa, continuò: "Era bellissimo!
Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e splendenti, i suoi occhi traboccavano
bontà e amore, le sue ferite erano pulite e vive, la sua carne luminosa, la veste
bianca e splendente. Era bellissimo! Prese le mie mani fra le sue e le
stringeva forte; erano ardenti e piene di tenerezza. Le guardai intensamente,
erano mani vere in carne e ossa. Me le portai alle labbra coprendo le sue
ferite di baci, finché lui me le pose sul capo benedicendomi e infine mi
strinse forte al suo Cuore in un abbraccio di paradiso. Era bellissimo!"
Io, fino a quel punto, ero rimasto interdetto, senza
parole e senza pensieri precisi. Approfittai allora di quella pausa per
chiederle cosa mai significasse tutto questo e di che cosa intendesse parlarmi.
Allora come se improvvisamente si svegliasse da un'esperienza ineffabile e
tornasse alla realtà, disse sorridendomi: "Hai ragione, figlio mio, hai
ragione. Ma lo saprai, saprai tutto molto presto". Poi si asciugò il
volto, si ricompose nell'espressione e: "Andiamo! disse, andiamo a
chiamare i tuoi amici. Hanno bisogno di cominciare la giornata con una buona
colazione".
Sapendo che tutto il suo discorso si riferiva a Gesù,
avrei voluto chiederle tante cose: "Com'era, da dove era entrato e uscito,
che cos'altro le aveva detto e perché non s'era fatto vedere anche a noi...
" Ma lei mi prese per mano e mi portò verso l'uscita del Cenacolo, al incontro
con gli altri discepoli.
fine
(a cura di Patrizia Stella)
Nessun commento:
Posta un commento