BRANO PRESO DAL LIBRO
“IN QUELLA CASA C’ERO ANCH’IO”
di
Ferdinando Rancan
ed.
Fede & Cultura
SABATO SANTO: L’ATTESA
Attendere! In mezzo a quella repentina e assurda catastrofe
era questa l’unica cosa che riuscivamo a capire. Attendere, perché eravamo
convinti che sulle ceneri delle nostre speranze e dei nostri progetti qualcosa
doveva nascere, qualcosa doveva accadere. Non poteva essere un inganno o
un’illusione tutto quello che avevamo visto e udito in Gesù; due anni e mezzo di
meraviglie, di prodigi, di sapienza così nuova e così alta, non potevano essere
cancellati in quel modo. I discepoli tuttavia non riuscivano a dire una parola
su tutto questo, si sentivano vuoti e come storditi, e d’altra parte non
avevano la più pallida idea di ciò che li attendeva.
Conoscendo Gesù fin dalla nascita e avendo assistito ai
fatti più importanti della sua vita, quelli segnati dal sigillo del Padre e dal
soffio dello Spirito, io ero sicuro che le cose non sarebbero finite lì, ma
cercavo di saperne di più. Perciò durante quel sabato mi tenni il più possibile
vicino a Maria; speravo di cogliere da lei qualche accenno su quello che
sarebbe accaduto dopo tutto il dolore e tutte le lacrime del giorno precedente.
Sì, dovevamo andare in Galilea e attendere, ma attendere che cosa? Attendere
Gesù? Sarebbe forse risorto anche lui alla maniera di Lazzaro? Sarebbe poi
venuto in Galilea da solo o accompagnato da qualcuno? E avrebbe ricominciato lì
il suo ministero? In che modo?... Queste e molte altre erano le domande che si
affollavano alla mia mente e che erano nascoste in quell’attesa. Ma da Maria
non una parola, non un cenno. Era in mezzo a noi la più serena; si preoccupava
di tutti, cercava che fossimo fiduciosi e uniti, e anche che ci riposassimo e ci
rifocillassimo; era lei l’unica che in mezzo a quella catastrofe conservava la
fede. Tuttavia nessun accenno da parte sua a una qualche previsione.
Notizie ci giunsero invece da fuori. Nel tardo pomeriggio
arrivò da noi Giovanna, la moglie di Cusa. Era molto agitata e impensierita. Ci
disse che era passato da lei Giuda in preda a una forte agitazione; aveva la
borsa con molto denaro e voleva consegnarla a lei, ma ella non sapendo che cosa
pensare, aveva rifiutato di accettarla e gli suggerì di usare il denaro, come
tante volte aveva detto lui stesso, per i poveri. Se n’era andato, sconvolto.
A completare le notizie, arrivò poco dopo Nicodemo. Veniva
dal Tempio dove si era incontrato con i sacerdoti e con gli altri del Sinedrio;
si mostravano tutti preoccupati come se una strana inquietudine li avesse
contagiati. I sacerdoti in particolare apparivano profondamente turbati e
scossi da quanto era accaduto la sera precedente. Era accaduto che verso l’ora
nona, l’ora della morte di Gesù, si era udito un sordo boato che scosse le
fondamenta del Tempio, e un bagliore simile a uno strano lampo si era abbattuto
sulla parte più interna del Tempio. Dopo qualche esitazione il sacerdote di
turno entrò nel “Santo” dove si trova l’altare dell’incenso per il sacrificio
vespertino; enorme fu la sua sorpresa quando vide lacerata da cima a fondo la
cortina che separava il “Santo” dal “Santo dei Santi”, che è l’aula più interna
e più sacra del Tempio. Era come se fosse stata annullata la separazione, che
doveva essere rigorosissima, tra i due luoghi più sacri del Tempio. Quella
cortina, impressionante per la grandezza e preziosità, era di un tessuto
spesso, pesante, tutta ricamata d’oro, difficilissima quindi da lacerare.
Perciò nei sacerdoti, allo stupore si aggiunse il tremore, come se una oscura
minaccia gravasse sul Tempio.
I Sinedriti, invece, erano interessati a un ben diverso
problema. Si erano riuniti per deliberare su una questione, a loro parere,
importantissima: si ricordarono che Gesù aveva parlato di risurrezione e, poiché
lo giudicavano un impostore, temevano un colpo di mano da parte dei discepoli,
che avrebbero potuto far sparire il corpo di Gesù dando adito alla falsa
notizia della sua risurrezione. Deliberarono quindi di inviare una richiesta a
Pilato perché sigillasse il sepolcro e vi mettesse a guardia un picchetto di
soldati. Dopo quello che aveva concesso, Pilato non ebbe alcuna difficoltà a
concedere anche questo.
“Stavo uscendo da
quell’incontro -
continuò Nicodemo - quando vidi Giuda
arrivare di corsa; era trafelato e sconvolto da mettere paura. Lo chiamai:
‘Giuda!’, ma non rispose. Si infilò dov’erano i sacerdoti gridando: ‘Ho
tradito! Ho tradito l’innocente! Prendetevi il vostro denaro, non voglio più
saperne!’, e agitava la borsa col suo peso maledetto. I sacerdoti lo guardarono
- era uno sguardo di ghiaccio - e con un sorriso tra il beffardo e il
compiaciuto: ‘Non è questo - dissero - il compenso che hai pattuito? Il nostro
impegno noi l’abbiamo assolto; il resto non ci interessa. Non è affare nostro’.
A quelle parole Giuda scagliò la borsa verso di loro con gli occhi divorati dal
rimorso. I sicli d’argento, usciti dalla borsa, sghignazzarono sul pavimento.
Avrei voluto fermare Giuda che, voltatosi, stava dandosi a una fuga disperata.
Ma sentivo su di me gli occhi dei Sinedriti pronti a giudicare ogni mia mossa
che fosse contraria alla loro legge. Perciò restai fermo, ma li guardai a uno a
uno in silenzio. Allora il principe dei sacerdoti: ‘È denaro di sangue, -
disse, facendo raccogliere le monete da un inserviente per non contaminarsi - non possiamo usarlo per il Tempio. Avevamo
il programma di acquistare un terreno per farne un cimitero per gli stranieri:
lo useremo per questo’.”. Nicodemo tacque, ma il silenzio della sala si
riempì di nuovi interrogativi e di nuovo tremore.
Verso sera arrivarono Marta e Maria di Lazzaro per prendere
accordi con Myriam e Salome su come completare la sepoltura di Gesù e avere
anch’esse la possibilità di vedere, almeno per l’ultima volta, il Maestro.
Sarebbero passate di buon mattino ad acquistare gli aromi necessari ed altre
bende per poi recarsi insieme al sepolcro. Maria seguiva tutti quei discorsi in
silenzio, continuando a occuparsi dei lavori di casa, e a incoraggiare Pietro e
gli altri. Alle donne suggerì soltanto di non fare troppe spese per la
sepoltura di Gesù, perché essa non esigeva più di quanto era già stato fatto.
Il giorno dopo ci rendemmo conto del perché di questa raccomandazione: Gesù non
ne avrebbe più avuto bisogno.
Alla sera ci invitò tutti alla preghiera. Scelse i salmi
della fiducia e della speranza. Alla fine ci distribuimmo tutti nelle varie
stanze, anche se quasi tutti eravamo ben poco convinti di poter prendere sonno.
Solo a tarda sera ebbe il sopravvento la stanchezza.
Era rimasta in casa solo Maria la quale, come sempre, si
muoveva in silenzio, leggera come un angelo, per risparmiare rumori e fastidi
al nostro riposo. Nel frattempo si era adoperata a prepararci la colazione del
primo mattino.
Arrivarono intanto i primi raggi del sole e i primi rumori
del giorno che misero fine al nostro riposo notturno. Io, indossati in fretta
sandali e tunica, mi mossi subito cercando di lei, di Maria. Salii al piano
superiore, nella sala grande, il Cenacolo, sicuro che l’avrei trovata lì. Fu
così, infatti, ma arrivato sulla porta della stanza mi dovetti fermare: nel
vederla fui preso da uno strano senso di stupore e di trepidazione. Stava
accanto alla finestra, immobile, come estasiata. Era soprattutto la sua figura
a sorprendermi; sembrava un’altra persona: i suoi occhi scintillavano di gioia
e di tenerezza, il suo volto era illuminato da un sorriso che mi ricordava
quello del giorno dell’Annunciazione quando fu visitata dall’Angelo, tutta
l’espressione del suo viso tradiva una felicità intima e misteriosa che doveva
nascere da qualcosa di straordinario e di immensamente commovente.
Quando mi vide, mi venne incontro e, abbracciandomi forte: “Figlio mio, - cominciò - il nostro Gesù è ancora con noi! È ancora
con noi!... Lo vedrai presto! Lo vedremo tutti! Non dobbiamo più temere, non
dobbiamo più soffrire. Il dolore è finito, la paura è passata. Si è avverata la
sua promessa, si è compiuta la sua parola. Sia ringraziato il Signore, nostro
Dio, sia benedetto nei secoli! Egli ha realizzato per noi le meraviglie del suo
amore, ha fatto trionfare la sua potenza e la sua misericordia!”.
Mi parlava con una commozione vivissima e indescrivibile, e
nello stesso tempo, raccolta e dignitosa; non aveva nulla di scomposto e di
eccitato. Solo alcuni lagrimoni le rigavano le guance come stelle luminose che
brillavano di gioia. Stette in silenzio qualche istante; poi mi lasciò e si
recò di nuovo alla finestra spingendo lo sguardo in direzione del sepolcro, poi
verso il Tempio, poi in alto verso il cielo che andava tingendosi di rosa, poi
ancora verso il Monte degli Olivi, infine tutto intorno come se contemplasse un
panorama sconfinato o rileggesse in quei luoghi una struggente storia di dolore
e di amore. Tutt’intorno tripudiava una primavera che riempiva l’aria di
profumi e tingeva la luce di colori.
Venne di nuovo verso di me, si fermò a guardarmi con
infinita tenerezza e tornò ad abbracciarmi come se volesse trasmettermi la sua
gioia. Poi con voce sommessa, quasi mormorando, come se parlasse con sé stessa:
“Era bellissimo! - continuò - Bellissimo! I suoi capelli erano tersi e
splendenti, i suoi occhi traboccavano bontà e amore, le sue ferite erano pulite
e vive, la sua carne luminosa, la veste bianca e splendente! Era bellissimo!
Prese le mie mani fra le sue e le stringeva forte; erano ardenti e piene di
tenerezza. Le guardai intensamente: erano mani vere, in carne ed ossa. Me le
portai alle labbra coprendo le sue ferite di baci, finché Lui me le pose sul
capo benedicendomi e infine mi strinse forte al suo Cuore in un abbraccio di
paradiso. Era bellissimo!”.
Io, fino a quel punto, ero rimasto come interdetto, senza
parole e senza pensieri precisi. Approfittai allora di quella pausa per
chiederle che cosa mai significasse tutto questo e di che cosa intendesse
parlarmi. Allora, come se improvvisamente si svegliasse da un’esperienza
ineffabile e tornasse alla realtà: “Hai
ragione, figlio mio - disse sorridendomi - hai ragione! Ma lo saprai, saprai tutto molto presto”. Poi si
asciugò il volto, si ricompose nell’espressione e: “Andiamo, disse, andiamo a chiamare i tuoi amici. Hanno bisogno di
cominciare la giornata con una buona colazione!”.
Pur sapendo che tutto il suo discorso si riferiva a Gesù,
avrei voluto chiederle tante cose: “Com’era,
da dove era entrato e da dove era uscito, che cosa le aveva detto e perché non
s’era fatto vedere anche a noi...”; ma lei mi prese per mano e mi portò
verso l’uscita del Cenacolo.
Il “grande giorno” (n.
2)
Stavamo
scendendo al piano inferiore, quando si udirono pressanti colpi alla porta e la
voce di Maddalena che chiamava con insistenza. Andarono ad aprire Giovanni e la
madre di Marco. “L’hanno portato via,
l’hanno portato via! - cominciò a gridare entrando tutta sconvolta - Il sepolcro è vuoto e chissà dove l’hanno
messo!...”. Accorse anche Pietro che cercò di calmarla per capire di chi
stava parlando. Ma la sua agitazione era incontenibile, e solo uno scoppio
irrefrenabile di pianto mise fine alle sue grida. “Di Gesù, capite? - continuò dopo il primo sfogo - del suo corpo! Il sepolcro è aperto e lui
non c’è più!”. E riprese il suo pianto dirotto.
Pietro e Giovanni si guardarono in silenzio e, come se si
fossero capiti, infilarono di corsa la porta e presero la strada che conduce al
sepolcro. Frattanto erano accorsi anche gli altri e facevano capannello intorno
alla Maddalena che, tra i singhiozzi, rispondeva alle loro domande con lo
stesso ritornello: “L’hanno portato via!”.
Intervenne la Madonna con Maria di Marco che aveva
preparato la prima colazione: latte fresco, focaccia di pane azzimo, frutta
secca e formaggi. L’invito a tavola incontrò il favore di tutti, e tutti si
avviarono parlottando e scuotendo il capo in riferimento alle “allucinazioni”
di Maddalena. Essa, con gli occhi gonfi di pianto, era andata a cercare qualche
parola di conforto o di chiarimento da Maria, ma prima ancora di riceverne
risposta, se n’era già andata correndo verso l’uscita.
I commenti dei discepoli continuarono, tutti improntati
allo scetticismo e alla incredulità, non senza qualche frecciata ironica verso
quella “esaltata” di Maddalena. Comunque ognuno cercava di esprimere una
propria interpretazione e suggeriva proposte sul comportamento da prendere. Ma
ecco improvvisamente arrivare il drappello delle altre donne capeggiato da
Myriam e Salome, anch’esse sconvolte e in preda a forte agitazione. Furono
immediatamente assalite da un fuoco di domande che si incrociavano da ogni
parte aggiungendo confusione allo sconcerto.
Intervenne allora di forza la padrona di casa, Maria di
Marco, imponendo il silenzio e chiedendo a Myriam di raccontare per filo e per
segno quello che era accaduto. Myriam, sforzandosi di contenere l’emozione,
cominciò a raccontare come, dopo essere uscite di casa, erano passate da
Giovanna per fare insieme le spese necessarie per completare la sepoltura di
Gesù, mentre Maddalena era corsa per conto suo al sepolcro. Dopo le opportune
spese, si diressero anch’esse al sepolcro, preoccupate di come poter levare la
pietra dall’imboccatura. Entrate nel giardino, restarono stupite nel vedere
intorno al sepolcro i resti di un bivacco militare, ma restarono ancora più
stupite nel constatare che il sepolcro era aperto, e la grossa pietra
dell’imboccatura rovesciata.
Prese da timore, non ardivano avvicinarsi al sepolcro,
anche perché esso appariva illuminato all’interno da due personaggi in vesti
sfolgoranti che sembravano fare la guardia. Uno di loro, uscito fuori: “Non abbiate paura, - disse con voce
invitante e amabile - voi cercate tra i
morti colui che è vivo, Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è più qui.
Entrate e guardate il luogo dove lo avevano deposto”. Così dicendo lasciò
libera l’entrata e sedette sulla grossa pietra.
Incerte e tremanti, Giovanna e Myriam si affacciarono a
guardare. Videro il sepolcro effettivamente vuoto; allora il personaggio
celeste che era seduto all’altro capo della tavola di pietra, le incoraggiò
dicendo: “Non vi ricordate quando, ancora
in Galilea, vi diceva che bisognava che egli fosse consegnato in mano ai
peccatori, e crocifisso, ma che sarebbe risuscitato il terzo giorno? Non
abbiate dunque paura!”. E subito l’altro angelo aggiunse: “Presto, andate a dire ai discepoli e a
Pietro che egli vi precede in Galilea”. A queste parole, tutte furono prese
da trepidazione e da gioia incontenibile e vennero di corsa a portare a tutti
l’inatteso e sconvolgente messaggio.
Durante il racconto di Myriam, le altre donne riuscivano
con fatica a trattenere la felicità che traspariva dai loro volti, mentre la
faccia dei discepoli, muta e immobile, esprimeva perplessità e scetticismo. A
riconciliare un poco gli animi, arrivarono a quel punto Pietro e Giovanni.
Effettivamente era vero: Gesù non era più nel sepolcro e, precisò Giovanni, non
poteva essere stato rubato perché le fasce erano intatte al loro posto e
afflosciate, e il sudario ancora come avvolto. Che cosa dunque era accaduto?
Giovanni in cuor suo era convinto della risurrezione di Gesù, ma gli altri
Apostoli continuavano ad arrovellarsi in mille domande, rimanendo sempre più perplessi
e confusi, combattuti tra speranza e scetticismo, senza approdare ad alcuna
certezza.
Fu in mezzo a tutto quel trambusto che irruppero in casa
Cleopa e Mattia; erano stravolti e costernati. Dopo i fatti di quei giorni,
avevano deciso di tornare a Emmaus, il loro paese di origine, convinti che
ormai era tutto finito. Avevano preso la strada che scende nella valle di
Hinnon e che poi risale verso occidente in direzione del mare. Erano arrivati
all’altezza della Geenna quando in un campo vicino alla strada notarono un
gruppo di persone che guardavano inorridite giù da una scarpata, ai bordi del
campo. Scesero anche loro per vedere di che si trattava. In fondo alla scarpata
si presentò ai loro occhi uno spettacolo orribile: aveva ancora il cappio attorno
al collo, gli occhi sbarrati, la lingua penzoloni, il viso cianotico e il
ventre squarciato, forse dai morsi degli sciacalli o di altri animali notturni.
Era quasi irriconoscibile, ma era proprio lui: Giuda.
Presi da orrore e raccapriccio, erano tornati per darne
notizia ai discepoli, e per ricevere da loro qualche parola di incoraggiamento.
Trovarono invece un ambiente surriscaldato, dove le notizie e i pareri più
contrastanti si incrociavano in tutte le direzioni, ma tutti all’insegna del
dubbio e dello scoraggiamento. Nemmeno la paura era del tutto passata, e ormai
non si aspettava altro se non il momento di tornarsene al sicuro in Galilea.
Le donne, in particolare, erano mortificate per la fredda
accoglienza riservata alla loro testimonianza e alle loro affermazioni. I più
ostinati demolitori di tutto erano Tommaso, Giuda Taddeo, Simone e altri,
vicini alla parentela di Gesù. Il più pensoso e incline all’ottimismo era
invece Giovanni, che continuava a muoversi intorno a Maria con la convinzione
che solo da lei si potevano avere notizie certe e sicure. Maria infatti, oltre
che conservare la sua consueta serenità, mostrava la consapevolezza e la
tranquillità di chi sa, mentre un’intima gioia traspariva dal suo volto. Si
vedeva però che essa si teneva volutamente fuori da ogni discussione e, come
sempre, aspettava l’intervento del Cielo.
Cleopa e Mattia, da parte loro, visto che l’ambiente degli
Apostoli non era di nessun aiuto, pensarono che la cosa migliore era riprendere
il cammino e tornare a Emmaus, seguendo però la strada che esce dalla porta
occidentale di Gerusalemme per evitare la valle della Geenna. Dietro ai due
discepoli se ne andarono anche le donne alle quali si erano aggiunte nel
frattempo Marta e Maria di Lazzaro, Giovanna di Cusa e Maria di Marco,
desiderose anch’esse di vedere il sepolcro e rendersi conto dell’accaduto.
Partiti i discepoli e le donne, in casa tornò la quiete e
gli animi si placarono alquanto. Ne approfittò Pietro per uscire anche lui con
l’intenzione - diceva - di recarsi da Nicodemo o da Giuseppe d’Arimatea per
avere da loro qualche conferma.
La quiete tuttavia durò poco. Improvvisamente si udirono i
soliti colpi alla porta e la voce di Maddalena che chiedeva insistentemente di
entrare. Giovanni corse ad aprire e, come aprì la porta, vide Maddalena
buttarglisi al collo abbracciandolo e gridando: “L’ho visto! L’ho visto! È proprio lui; è vivo, è vivo! Mi ha chiamata
per nome, come faceva quand’era vivo… cioè quand’era con noi… insomma come mi
ha sempre chiamata, con la sua voce calda, inconfondibile! È proprio lui; gli
ho baciato i piedi trafitti e le mani piagate, e l’ho chiamato: Rabboni!
Maestro mio! Maestro mio!”. E così dicendo si mise a saltellare sulla punta
dei piedi come se ballasse, percorsa da fremiti di gioia incontenibile.
Giovanni abbozzò qualche tentativo per calmarla e poter capire quello che stava
dicendo, mentre accorrevano gli altri Apostoli attirati dalle grida gioiose di
Maddalena. Appena se la videro davanti, si fermarono con la faccia coperta di
delusione; Tommaso, Simone e qualche altro si allontanarono subito scuotendo il
capo, convinti che si trattava di crisi isteriche: “È impazzita! - mormorava Tommaso - È impazzita!”.
Calmatasi un poco, Maddalena si guardò intorno e fissò una a
una la faccia dei discepoli. Dalla loro espressione e dal loro silenzio capì
che le sue parole non avevano riscosso alcun credito. Allora si recò da Maria e
prendendole le mani: “Madre! - disse
- tu almeno mi devi credere! Non mi sono
sbagliata e nemmeno sono vittima di allucinazione. Credimi! Era proprio Gesù,
il nostro Gesù, il tuo figlio diletto, il mio amato Maestro e Salvatore! Io lo
credevo il guardiano del giardino, ma poi si manifestò chiaramente, con la sua
fisionomia, con la sua figura, con la sua voce che tu ben conosci. E mi ha
parlato di loro, dei suoi discepoli; li ha chiamati fratelli, e mi ha
incaricato di venire qui a dir loro che è vivo e che li vedrà tutti in Galilea”.
Maria le sorrise amabilmente e la invitò a calmarsi, poi se
la prese in disparte e: “Figlia mia,
- le sussurrò - certo che ti credo! Sono
sicura che era Gesù la persona che tu hai visto e che ti ha parlato. Ma tu non
meravigliarti se loro non ti credono. Sono ancora troppo sconvolti e impauriti
per tutto quello che è accaduto in questi giorni. E poi, ciò che tu hai visto,
è un miracolo troppo grande e troppo lontano da ogni aspettativa per essere
creduto subito. Inoltre, anche se Gesù ti ha incaricata di avvertire i suoi
‘fratelli’, l’apparizione che tu hai ricevuto, rimane una cosa particolarmente
tua, è un dono che il Signore ha fatto a te e lo ha fatto per te; è una carezza
che egli ha voluto darti. Perciò conservala nel tuo cuore, custodisci
nell’intimo della tua anima la gioia che essa ti ha procurato e che ti ricorda l’affetto
e la predilezione di Gesù. Con loro poi non insistere, li convincerà il
Signore”.
Giovanni, che s’era avvicinato a Maria, chiese a Maddalena
di raccontargli di nuovo l’accaduto anche nei particolari. Lo vedevo pensoso e
sempre più convinto che si trattava di una cosa seria, per niente inverosimile.
La quiete che l’intervento della Maddalena aveva per un
momento compromesso, andò completamente perduta quando, poco dopo, arrivò il
gruppo delle donne. C’erano tutte, ed erano vistosamente eccitate. Era successo
che, ritornate di nuovo al sepolcro, avevano avuto una apparizione di Gesù che
le salutava con affetto nuovo impregnato di pace e di gioia, e le incaricava di
annunciarlo agli Apostoli.
Piene di entusiasmo e insieme di timore di non essere credute,
tornarono da noi con il desiderio di far rinascere in tutti la ritrovata
speranza in Gesù e con la preoccupazione di non riuscire a convincere gli
Apostoli. In preda al loro entusiasmo, cominciarono a raccontare l’accaduto
agli Apostoli che erano accorsi e a tutti gli altri che erano in casa.
Parlavano tutte insieme e tutte volevano manifestare i propri stati d’animo, le
proprie emozioni, e raccontare qualche aspetto particolare del loro
imprevedibile incontro con Gesù. La
prima conseguenza fu una indescrivibile confusione, tanto che, non riuscendo a
interferire con le proprie domande, gli Apostoli cominciarono a dare segni di
fastidio e di insofferenza. Man mano che le donne raccontavano, cresceva il
loro entusiasmo e diventava sempre più manifesta la loro gioia. Ma tutto questo
era controproducente: più esse si infervoravano e più perdevano in credibilità
davanti agli Apostoli. Alla fine, il risultato fu che essi le considerarono
delle esaltate e giudicarono il loro racconto come vaneggiamento.
La verità è che Gesù volle manifestarsi a coloro che lo avevano cercato con amore e perseveranza, e non a quelli che si erano chiusi nella loro paura e nel loro scetticismo, premiando la generosità delle donne e la sincerità dei loro sentimenti. (…
Don Ferdinando Rancan
“In quella casa c’ero anch’io” ed. Fede & Cultura. Tel. 045/941851
Con l’approvazione
di due Vescovi, di un teologo e di molti lettori qualificati.
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