Come, a 89 anni,
memorizzo ancora Don Ferdinando
Rancan
di mons. Gino Oliosi
La
volontà di Dio. "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione"
(1 Ts 4,3). La volontà di Dio in fondo è semplice e
nel suo nocciolo è uguale per tutti: è la santità. E
santità vuol dire essere conformi all'immagine di Cristo (Rm 8,29). Alla scuola
di Josemaria Escrivà don Ferdinando ha considerato il santificarsi non solo
come una vocazione personale, ma soprattutto come un compito per gli altri:
infondere il coraggio alla santità, radunare per Cristo una comunità di
fratelli e sorelle. La parola "santo" ha subito nel corso del tempo
una pericolosa riduzione, operante ancora oggi. Pensiamo ai santi raffigurati sugli
altari, pensiamo a miracoli e a virtù eroiche, e crediamo che si tratta di
qualcosa riservato a pochi eletti, tra i quali noi non possiamo essere
annoverati. Lasciamo così la santità a questi pochi sconosciuti,
accontentiamoci di essere così come siamo. Don Ferdinando alla scuola di
Escrivà ha scosso me, le persone da questa apatia spirituale: "No, santità
non è l'eccezionale, ma l'abituale, è la normalità per ogni battezzato. Non
consiste in inimitabili gesta eroiche, ma ha mille forme. È la normalità.
Consiste in questo: vivere la vita abituale con lo sguardo rivolto a Dio e
plasmarla con lo spirito della fede". Quanti incontri con don Ferdinando
per il coraggio della santità, cioè per l'avventura dell'essere cristiani cioè
vivere nella volontà di Dio ma senza essere un moralista. Non possiamo salvarci
da soli; così come l'amore presuppone l'essere amato, anche la santità ha
bisogno di un altro elemento analogo: l'accettare l'essere amati da Dio: Opus
Dei non Opus nostrum. Come Escrivà don Ferdinando non
voleva attirare a sé ma lasciare spazio a Dio per realizzare la Sua opera.
Consapevole delle parole che Gesù rivolge a noi nel Vangelo di san Giovanni:
"Questa è l'pera di Dio, la fede" (Gv 6,29) cioè il darsi a Dio,
affinché Egli possa agire attraverso di noi.
E
quando don Ferdinando esperimenta dei risultati dice che non era stato lui a
fare tutto ciò ma Opus Dei cioè Dio servendosi di uno strumento chiaramente
inadeguato anche fisicamente perle tante malattie: accade solo quello che può
fare Dio stesso. Don Ferdinando riconosceva la sua inadeguatezza, ma si è abbandonato
in Dio. Osò qualificarsi come un don Chisciotte insegnare nel mondo d'oggi,
l'umiltà, l'obbedienza, la purezza, il distacco dagli averi, l'altruismo? La
volontà di Dio era per don Ferdinando la vera cosa ragionevole, corrispondente
alla ragione, e così man mano emergeva la ragionevolezza di ciò che
apparentemente sembrava irragionevole e assurdo.
Volontà
di Dio. La volontà di Dio ha un posto e una forma concreta in questo mondo: ha
un corpo. Nella sua Chiesa Cristo è rimasto corpo. E, per questo, l'obbedienza
alla volontà di Dio è inseparabile dall'obbedienza alla Chiesa perenne.
Soltanto se si vive la propria missione nell'obbedienza alla Chiesa perenne di
duemila anni si ha la certezza di non confondere le proprie idee con la volontà
di Dio, ma di seguire veramente la Sua chiamata.
Perciò l'obbedienza alla gerarchia della Chiesa e l'unità con essa fu criterio
fondamentale per don Ferdinando. La Chiesa non è un'associazione per scopi
religiosi, sociali o morali: la Chiesa è Sacramento.
Significa
che non appartiene a sé stessa. Non realizza l'opera sua, ma deve essere a
servizio dell'opera di Dio, Opus Dei. È legata alla volontà di Dio. I Sacramenti
rappresentano l'autentica impalcatura della sua vita. Il
centro dei sacramenti è però l'Eucaristia, in cui ci tocca immediatamente
questa corporeità di Gesù. Così per don Ferdinando, secondo la Chiesa significò
soprattutto vivere per mezzo dell'Eucaristia. Ha amato e annunciato l'Eucaristia
in tutte le sue dimensioni: come adorazione del Signore, sacramentalmente presente
fra di noi; come dono, in cui Egli continua ad offrirsi a noi; come offerta,
secondo le parole: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo
invece mi hai preparato" (Eb 10,5). Cristo può distribuirsi solo perché si
è sacrificato, perché ha compiuto l'esodo dell'amore e si è offerto, si offre.
Diveniamo conformi all'immagine del Figlio, figli nel Figlio (Rm 8,29) solo se
ci immettiamo in questo esodo dell'amore, solo se diveniamo offerta: non c'è
amore senza passione, che trasforma e ci apre.
Fin
da piccolo don Ferdinando ha attraversato tante malattie e la mamma lo ha consacrato
a Maria. Don Ferdinando in tutta la sua vita fu consapevole di essere sotto il
manto della Madre di Dio, che gli era madre.
Ringraziamo
il Signore per questa testimonianza di fede sacerdotale nel nostro tempo.
1 don Gino Oliosi
Nessun commento:
Posta un commento