N. 1
BRANI DAL LIBRO: LA MADONNA RACCONTA
Don Ferdinando Rancan, sacerdote della
diocesi di Verona, è nato a Tregnago di Verona nel 1926. Laureatosi in Scienze
Naturali presso l’università “La Sapienza” di Roma, tornò nella sua città dove,
completati gli studi teologici, ricevette l’Ordinazione sacerdotale il 29
giugno 1953, dedicandosi per molti anni all’insegnamento nel Seminario
diocesano e nei Licei della città. Svolse il suo ministero sacerdotale nella
parrocchia di S. Nazaro, poi come parroco nella Pieve dei Santi Apostoli e infine
come collaboratore presso la chiesa di S. Eufemia.
La vita del reverendo don Ferdinando Rancan
costituisce uno stimolo e uno sprone in questi tempi di smarrimento: fu pastore
fedele e zelante, direttore spirituale per tanti sacerdoti e laici che si
affidarono alla sua guida, nonostante la salute precaria che lo accompagnò per
tutta la vita. Don Vittorio Turco, suo confratello e compagno di studi in
seminario, ha scritto di lui “uno dei pochi preti veronesi, serio, preparato,
colto, che ha saputo sintetizzare i più alti valori cristiani, vissuti e
incarnati in una vita umile, provata ed esemplare.”
Ebbe infatti una vita assai dura, ma nello stesso tempo
avventurosa, che egli condusse sempre e ovunque all’insegna della massima fedeltà
al suo impegno assunto fin dall’adolescenza col Signore, quello di poter
diventare e rimanere sacerdote “fino all’ultimo suo respiro”, anche davanti a
grandi prove che dovette subire nell’arco di tutta la sua vita, e che don
Ferdinando pensò di riassumere nel suo ultimo scritto autobiografico “STORIA DI
UN SOMARELLO” perché tale si riteneva davanti a Dio e agli uomini. Era noto
invece per la sua profonda cultura a vasto raggio che, al di là delle due
lauree citate in Scienze biologiche e in Teologia, si manifestava anche
attraverso quel dono soprannaturale della “Sapienza” che Dio concede ai suoi
servi fedeli.
Ha
scritto alcuni libri su vari argomenti quasi tutti di vita ascetica rivolti per
lo più al cristiano cosiddetto “laico”, cioè a quello che vive nel mondo in
mezzo alle varie realtà e preoccupazioni quotidiane di lavoro, famiglia, figli,
stipendi, mutui, ecc. dentro e attraverso le quali anch’egli ha il dovere di
santificarsi, come sono tenuti a fare i consacrati nella vita sacerdotale o
religiosa, ciascuno a seconda del proprio stato di vita vocazionale.
Questa spiritualità ascetica come prerogativa dei laici non
era ben conosciuta e ancor meno capita qualche decennio fa, quando don
Ferdinando ebbe l’occasione provvidenziale per preciso intervento divino,
(intorno agli anni 1952/54) di conoscere personalmente a Roma il Fondatore
dell’Opus Dei, Josemaria Escrivà de Balaguer, (dichiarato santo nel 2002 da San
Giovanni Paolo II), e di assimilarne pienamente lo spirito, a tal punto che
chiese l’ammissione all’Opus Dei il 6 novembre 1954, come primo sacerdote
diocesano in Italia, portandone il carisma nel nord est.
Questa
particolare vocazione non comportava nessun cambiamento dal punto di vista del
suo ministero sacerdotale diocesano perché rimaneva sempre a disposizione del
suo Vescovo di appartenenza, ma lo impegnava a seguire la spiritualità propria
del carisma dell’Opus Dei facendosi nel contempo apostolo nei vari ambiti dove
si trovava ad operare.
Vero “Alter Christus”, trovò nel Sacrificio Eucaristico
quella forza soprannaturale che sempre lo accompagnò anche nei momenti più
difficili, fino al compimento finale della sua esistenza terrena che avvenne il 10 gennaio 2017, quando le sue ultime parole, dopo
essere uscito momentaneamente dal coma, furono queste: “Portatemi a casa perché
voglio dire la Messa!” Di lì a poco spirò e andò a celebrarla in Paradiso.
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In questa rubrica che vogliamo dedicare
alla sua memoria, dopo aver ottenuto dal nostro Vescovo di Verona, Mons.
Domenico Pompili, l’approvazione per la devozione privata in vista
dell’apertura della causa di beatificazione, vorremmo prendere lo spunto
dall’ultimo libro che lui ha scritto, presentato proprio l’anno prima della sua
morte, 2016:
“LA MADONNA RACCONTA” – Confidenze della Vergine Maria ai suoi figli –nel quale egli descrive la vita della Madonna con Gesù e gli Apostoli dalla nascita alla sua Assunzione al cielo come fosse raccontata da lei stessa, nella piena fedeltà al Vangelo e, secondo il parere di esperti, probabilmente ispirata dalla Madonna stessa, nonostante l’autore affermasse di essere solo frutto di meditazione assidua della Parola di Dio.
Ci auguriamo che questa lettura offerta, se possibile, quotidianamente, come piccoli spunti di meditazione seguendo progressivamente tutto il libro, possa essere di aiuto spirituale soprattutto in questo tempo di Quaresima adatto per approfondire la propria vita spirituale di comunione con Dio.
Per comunicazioni o chiarimenti:
info.donferdinandorancan@gmail.com
di mons. Luigi Negri
Accompagno con poche ma intense osservazioni questo libro che mi si è rivelato, nel corso della lettura, come singolarmente straordinario nel senso di non riducibile a un’ordinarietà di esperienza e di discorso.
La
natura specifica di quest’opera è di contenere una serie di confidenze che la
Madonna Santissima comunica a un’anima innamorata di Lei e della fede.
Certamente l’immagine della Madonna è quella di colei che ha condiviso fino in
fondo la vita del Signore in tutti i momenti della sua esistenza, ma
significativamente l’attenzione è rivolta al periodo in cui — dalla Risurrezione
all’Ascensione — ella ha rappresentato il punto di riferimento umanamente
affettivo per gli apostoli e i discepoli, ovvero quella prima comunità
ecclesiale che si è formata a Gerusalemme dopo la Risurrezione e che avrebbe
avuto la sua inesorabile e obiettiva realtà nella Pentecoste.
Inizialmente
ho provato un certo disagio, avvertendo su di me la legittima domanda dei
lettori: è davvero soprannaturale la provenienza di queste confidenze? Oltre a
verificare che in queste confidenze non c’è altro se non il puro dogma
cattolico, e mai una frase di esagerazione o di esorbitanza, mi sono
tranquillizzato — appunto perché non tocca a me formulare un giudizio sulla
natura di questa confidenza — quando ho capito un aspetto che io reputo
essenziale e che ritengo l’apporto più significativo di questo libro: che sia
una grande testimonianza di affezione alla Madonna, a Cristo e alla vita della
Chiesa.
La
confidenza è come l’espressione di un rapporto straordinario fra la Madonna e
l’anima di questo sacerdote, dove si fa fatica a distinguere, come avviene
sempre nei rapporti intensi, l’oggetto della comunicazione della Madonna e
l’oggetto della comunicazione dell’anima.
In
altre parole la chiave del libro è questa confidenza reciproca che si presenta
come un unico dialogo che fluisce nella profondità di un rapporto personale
senza nessuna particolare connotazione di soprannaturalità, perché è lo stesso
dialogo che il popolo cristiano ha avuto per secoli con la Madre del Signore,
fatto di invocazioni e di confidenza.
Siamo
di fronte ad una grande testimonianza di quale sia il livello di serietà, di
profondità, di verità anche affettiva a cui possa arrivare il rapporto fra il
cristiano e la madre del Signore, con sullo sfondo la vita e la presenza del
Signore stesso, là dove il cammino di fede è adeguatamente vissuto.
Dentro
l’insegnamento di questo libro mi sembra che ci siano più specificatamente
alcune caratteristiche. In questo dialogo la Madonna è presente in forza del
suo rapporto con Cristo: un rapporto totalizzante, che ha preso compiutamente
la sua vita.
È
presente come giovane madre con le grandi promesse che aveva ospitato nel suo
cuore e con la fatica dell’educazione di un bambino e poi di un ragazzo, con i
limiti che ogni rapporto educativo ha, e quindi non senza difficoltà, non senza
qualche momento di sconforto, ma sempre rinnovando la sua dedizione totale al
Figlio, fino all’inizio del suo ministero pubblico o, come dice l’autore, “fino
a quando non sparì nel mondo”.
La
Madonna è dentro questo Mistero come una donna, con tutta la sua femminilità, e
il dialogo ininterrotto fra il suo cuore e quello del Signore diventa la strada
per la maturazione della sua personalità, fatta di profonda immedesimazione con
la vita di Cristo fino a sperimentare in pienezza assoluta la gloria del
Signore crocifisso e risorto in Lei.
Mi
pare che questo testo non sia affatto oleografico. Si presenta con la chiarezza
e la semplicità di una donna che cresce quotidianamente nell’amore al Figlio e
alla sua missione e che assume, per mandato del Signore, una responsabilità di
aiuto, discreto e fortissimo, alla comunità nascente; un aiuto discreto e
fortissimo che continua in ogni stagione della vita della Chiesa.
Così,
allo stesso modo, coloro che sono coinvolti, non sullo sfondo ma nel centro di
questo dialogo — perché gli apostoli, i discepoli e le donne fanno parte di
questo dialogo fra la Madonna e l’anima assetata di Lei — sono presenti
ciascuno con la propria personalità, con le proprie caratteristiche e sono
oggetto da parte di Maria di incoraggiamento, di sostegno e qualche volta di
discretissimo rimprovero.
La
comunità è fatta di persone vive che portano dentro di essa ciascuno la propria
personalità, senza riduzioni, senza amplificazioni, senza indebite limitazioni.
È una comunione in cui ciascuno emerge e cresce nella sua obiettiva
personalità.
L’insegnamento
che ho ricevuto da queste pagine è che vi sia rappresentata in maniera
singolare l’esperienza della comunione cristiana, che nasce dal riconoscimento
di Cristo fra i discepoli e viene rinnovata dopo la discesa dello Spirito Santo
in modo assolutamente definitivo. È l’immagine della Chiesa nella sua
oggettività solenne o istituzionale, e insieme nella sua tenerezza familiare.
Mi
sembra che attraverso il dialogo fra il cuore di Maria e il cuore di
quest’anima appassionata di Lei sia significativamente raccolta la verità
dell’espressione “la Chiesa è la famiglia di Dio”.
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio.
n. 3
INTRODUZIONE
Di Ferdinando Rancan
Tutto questo costituiva
per l’autore un ostacolo insormontabile e gli forniva un motivo più che valido
per non prendere in mano carta e penna, così da evitare il rischio di cadere su
un terreno scontato, su cose già dette mille volte, con tanta unzione e
sapienza, da santi e da teologi. Bastava quindi attingere all’immenso
patrimonio di dottrina e di pietà mariana che è a nostra disposizione nelle
mani della Chiesa.
Sennonché nella mente
dell’autore rimaneva, sia pure in sordina, il conflitto sulle decisioni da
prendere. Il rifiuto gli appariva un’ingratitudine verso Colei che fin dalla
tenera infanzia l’aveva custodito e protetto, mentre l’accettazione della
proposta, anche se nessuno avesse letto queste pagine, poteva diventare un
gesto d’amore personale verso Colei che gli aveva dato Gesù e gli aveva
insegnato ad amarlo.
Fu
a questo punto che affiorò nella mente dell’autore un’affermazione, attribuita
a San Bernardo, che dice: “De Maria numquam satis”, “Non si parla mai
abbastanza di Maria”. Questa affermazione
mise fine a ogni interiore incertezza e spinse l’autore ad aderire pienamente
alla proposta. Ma allora, che fare?
Forse ridire in modo nuovo le molte cose, o almeno le principali fra le
tante, scritte sulla Madonna lungo i secoli?
L’autore
si accinse a prendere in mano i testi mariani a cominciare dal primo millennio.
Davanti a migliaia di pagine che raccolgono le riflessioni profonde e
commoventi dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e pensando poi alle altre
migliaia di pagine scritte nel secondo millennio, l’autore fu assalito dallo
scoraggiamento e dalla tentazione ancora più forte di abbandonare l’impresa.
Cosa poteva mai balbettare, lui, fra tutte quelle voci solenni che hanno fatto
risuonare nel tempo le glorie di Maria e le suppliche degli uomini?
Già!
gli uomini. Tutte quelle pagine contengono ciò che gli uomini hanno detto di
Maria. Uomini dotti e santi che hanno cercato di penetrare profondamente il
mistero della Vergine Madre, ma pur sempre uomini. E la Madonna? Avrà pur detto anche lei qualcosa agli uomini!
Non solo a qualcuno in qualche apparizione privata, il cui contenuto si limita
spesso alla materna esortazione alla penitenza, alla conversione e alla preghiera
per i peccatori, ma una parola di sé, una qualche confidenza di ciò che lei ha
vissuto ed è passato nel suo cuore l’avrà pure compiuta la Vergine Santa!
Questo pensiero, che in
fondo rivela un desiderio nascosto nel cuore di ciascuno di noi, trova
riscontro in una preghiera che San Giovanni Paolo II rivolge alla Madonna di
Loreto. Così egli si esprime: Maria,
Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù, conosci il timbro della sua voce e il
battito del suo cuore. Ebbene… parlaci
di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede. Maria, che
a Nazareth hai abitato con Gesù, imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,
la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta… Maria, parlaci di Gesù, perché la
freschezza della nostra fede brilli ai nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci
incontra…
Ora,
il luogo ovvio dove cercare eventuali confidenze di Maria dovrebbe essere
naturalmente il Vangelo. Agli Apostoli e ai primi discepoli la Madonna avrà
certamente raccontato molte cose. Ma proprio lì, nel Vangelo, scopriamo che
Maria è la donna del silenzio. Si sa che
per una donna il silenzio rasenta l’eroismo, ma qui il silenzio di Maria non
rappresenta semplicemente il dominio sulla propria femminilità, ma
l’atteggiamento tutto soprannaturale di chi custodisce nel cuore, avendolo
servito fedelmente, il disegno di Dio che opera silenziosamente ma
efficacemente per la salvezza dell’umanità.
Tuttavia,
il Vangelo riporta alcune espressioni della Madonna che, pur essendo
pochissime, sono però preziose perché fanno riferimento a interventi
fondamentali di Dio nella vita di Maria. Innanzitutto l’incontro con l’Angelo,
quando la Madonna si dichiara la “serva del Signore”, e fa un riferimento a
Giuseppe per dire che non l’avrebbe mai “conosciuto”; l’incontro poi con
Elisabetta, quando esplode nel Cantico di lode al Signore perché ha guardato
all’umiltà di questa sua serva per compiere in lei cose grandi; infine in due
circostanze Santa Maria si rivolge direttamente a Dio: una nel tempio a
Gerusalemme alla ricerca di Gesù, per chiedergli quale significato avesse il
suo comportamento umanamente ingiustificabile, l’altro a Cana per chiedergli di
dare un segno della sua identità messianica che confermasse nella fede i suoi
primi discepoli.
Queste
espressioni della Madonna sono importanti perché riferiscono verità
fondamentali della nostra fede, ma lasciano ancora avvolto nel mistero il mondo
interiore della Madonna. A questo punto il nostro desiderio di ascoltarla sarebbe
rimasto inappagato, se l’evangelista San Luca, colui che raccolse le più intime
confidenze di Maria, non ci avesse suggerito una strada ricordandoci che Maria conservava tutte queste cose meditandole
nel suo cuore.
Ecco
il luogo dove possiamo ascoltare la voce di Maria, le sue confidenze, il
racconto delle sue emozioni e della sua esperienza interiore nel vivere accanto
a Gesù. Gli uomini hanno parlato molto di lei, vorremmo ora che fosse lei a
parlare di sé agli uomini, a raccontare la sua vita e, vincendo quel pudore
materno che ha tenuto sigillate tante cose nel suo cuore, partecipasse ai suoi
figli i suoi sentimenti e le vicende che hanno forgiato il suo mondo interiore
così squisitamente umano e così profondamente divino.
Occorre
dunque entrare nel cuore di Maria. Ora, se è vero che solo una madre può capire
un’altra madre, è vero anche che entrare nel cuore di una madre può farlo solo
un bambino. Per lui, infatti, nessuna madre ha segreti. L’autore quindi, non ha
avuto alternative; ancora una volta ha dovuto farsi bambino e bussare. Una
madre non può chiudere il cuore alla propria creatura. E così, con sforzo, è
riuscito ad accoccolarsi davanti a Maria e ascoltare in silenzio le sue
confidenze.
Quando una
madre racconta, i ricordi, i pensieri e i sentimenti che hanno accompagnato le
esperienze della sua vita, nell’uscire dalle sue labbra diventano consigli,
raccomandazioni, esortazioni per i propri figli. Anche Maria, che è donna e
madre, quando racconta, lo fa per noi, perché impariamo a comportarci da buoni
figli di Dio, a imitazione del suo figlio Gesù.
D’altra
parte è inevitabile e giusto che le meraviglie compiute in lei da Colui che è
onnipotente e santo suscitino in tutti noi una filiale curiosità, perché tanta
ricchezza di grazia che è nel suo cuore materno e che un giorno contempleremo
nella gloria del Cielo ci possa allietare, confortare e sostenere fin d’ora, nelle
fatiche del nostro viaggio sulla terra.
L’autore
si rende perfettamente conto che la pretesa di entrare nel cuore di Santa Maria
e ascoltare le sue confidenze può apparire una presunzione eccessiva e un po’
strana, ma il desiderio di conoscere e di ascoltare i battiti del suo cuore
dolcissimo ha prevalso. Sono battiti che diventano parole dell’amore materno
verso i suoi figli.
Tuttavia,
pur cercando di restare bambino, sforzandosi di ricuperare la semplicità
dell’innocenza, non sempre ha saputo prescindere dalla sua deformazione
professionale di uomo adulto: un po’ teologo, un po’ esegeta, un po’ pastore
d’anime, e così le confidenze materne di Maria potrebbero aver subito qualche
interferenza.
L’autore
ne ha chiesto scusa alla Madonna che gli ha risposto – così immagina – con un
sorriso, e chiede scusa anche all’eventuale lettore che – così spera – gli
risponderà anche lui con un benevolo sorriso.
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N. 4
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