IN MEMORIA DI DON
FERDINANDO RANCAN
10 GENNAIO 2025
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Ferdinando Rancan, vero sacerdote di
Cristo
Ferdinando Rancan, vero sacerdote di Cristo
IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN
Domani, venerdì 10 gennaio 2025, sarà celebrata una Santa Messa in memoria
del sacerdote, morto in concetto di santità, don Ferdinando Rancan, presso la
chiesa di Sant’Eufemia (vicino al ponte Vittoria) di Verona. La messa avrà
inizio alle ore 19.00.
In occasione dell’ottavo anniversario del passaggio al cielo di don
Ferdinando Rancan, pubblichiamo l’omelia pronunciata d don Ermano Tubini il
giorno delle sue esequie (è stato suo confessore e direttore spirituale negli
ultimi 7 anni e tuttora incaricato di raccogliere testimonianze e seguire
l’iter per apertura causa di beatificazione).
OMELIA DI DON ERMANNO TUBINI NEL GIORNO DELLE ESEQUIE DI DON FERDINANDO (13
gennaio 2017)
La vita di D. Ferdinando Rancan sta all’interno di due date distanti tra
loro: Tregnago il 14 giugno 1926 e Verona il 10 gennaio 2017. Un tempo lungo 90
anni.
Dentro a questo tempo ricco di grazie, ci sono tanti eventi, tante persone,
tanti luoghi santificati dal suo ministero sacerdotale. Vi ritroviamo una madre
povera che ha vissuto con fede grande la vedovanza per il marito morto
tragicamente sul lavoro; il parroco di Tregnago che lo orientò da bambino al
seminario minore; una salute malferma che non gli ha impedito, anzi gli ha
facilitato l’essere prete con la comprensione del mistero di Cristo crocifisso;
vi troviamo le parrocchie e rettorie in cui ha operato e che ha amato: da San
Paolo in Campo Marzio ai Santi Apostoli. C’è stato il suo impegno di docente al
Seminario e al Liceo Messedaglia; ci sono i suoi libri di spiritualità, che per
molto tempo ha resistito a dare alle stampe per umiltà; ci sono le tantissime
persone incontrate, amate e aiutate.
E’ la storia di un sacerdote felice di essere sacerdote; uno dei tanti
buoni sacerdoti che Dio dona alla sua Chiesa. D. Ferdinando è stato un buon
sacerdote, ma aveva qualcosa che rendeva il suo ministero particolarmente
efficace. Penso che la sua efficacia dipendesse dal grande amore per Gesù
Cristo e per Maria sua madre; dall’aiuto di Dio che invocava sempre; dalla sua
umanità: semplice, cordiale, aperta, convincente, credibile… Dipendeva dalla
sua santità di vita? Penso che molti che lo hanno conosciuto lo dicano in
queste ore: è morto un santo prete della chiesa di Verona …
Come orientava la sua azione pastorale? Promuoveva, in chi lo seguiva,
l’incontro personale con Cristo; insegnava a pregare, ad amare l’Eucaristia e
il Sacramento della riconciliazione; incoraggiava alla conoscenza della Bibbia,
dell’insegnamento della Chiesa; suggeriva di essere aperti agli altri, a tutti,
senza paura: sensibili alle necessità spirituali e materiali delle persone. Non
aveva timore a indicare mete alte: la santità come obiettivo per tutti i
battezzati.
Diceva che a Dio non si doveva dare poco, ma molto. Ha avuto il dono di
suscitare attraverso la sua pastorale specifiche vocazioni divine in molte
persone. L’ideale della santità vissuta nel mondo, nella vita ordinaria, di
famiglia e di lavoro, lo aveva visto incarnato nelle persone dell’Opus Dei
conosciute a Roma a metà degli anni Cinquanta. In quella esperienza colse un
invito a cercare di vivere il proprio sacerdozio diocesano come un cammino di santità
nell’esercizio del proprio ministero, ben unito al suo Vescovo, ai suoi
confratelli, alla gente della sua terra.
Aderì alla Società Sacerdotale della Santa Croce, associazione sacerdotale
unita all’Opus Dei. Fu il primo tra i sacerdoti diocesani in Italia. Tornato a
Verona, fece conoscere l’Opus Dei a tante persone.
Ci ha lasciato serenamente: abbandonato alla volontà di Dio e riconoscente
per quanto ricevuto da Dio e dalle persone che lo hanno assistito con gioia e
con sacrificio per lunghi anni. E’ entrato nella vita eterna dicendo grazie.
Preghiamo per l’anima di don Ferdinando, pur nella convinzione che Gesù lo
ha già accolto in Paradiso. Chiediamogli di pregare per noi affinchè anche noi
un giorno possiamo stare presso Dio insieme con lui.
Don Ermanno Tubini
Pubblichiamo la testimonianza della signora Marisa Bommartini
Ho conosciuto don Ferdinando avanti negli anni quando ero sposata con figli
perchè trasferita con tutta la famiglia da Milano a Verona per il lavoro di mio
marito. Una persona mi ha detto “se cerchi un bravo confessore, vai alla chiesa
dei Santi Apostoli e troverai il parroco, un certo don Ferdinando Rancan”. Da
allora è stato veramente la luce e anche la forza della mia vita, e più tardi
una grande guida spirituale anche per mio marito fino al giorno della sua
dipartita per il cielo.
Chi ha potuto conoscerlo, capisce di che livello spirituale è stato nella
sua umiltà e continua sofferenza portata sempre con un sorriso, ma anche chi
non lo ha conosciuto o incontrato solo qualche volta, percepiva in qualche modo
la “sua grande umanità” da cui traspariva il suo grande Amore per Dio, la sua
gioia di vivere nonostante il suo corpo martoriato, anche a motivo di una vita
dura con scarsa salute fin dall’infanzia, oltre che per la mancanza postuma di
un polmone che gli era stato asportato a 52 anni per una forma di TBC
aggressiva, costringendolo a portare ossigeno e poi ventilatore polmonare.
Da notare la sua accoglienza immediata per qualsiasi persona, anche lontana
da Dio, usando parole piene di speranza, il suo sforzo per conciliare gli animi
di persone in conflitto, l’attenzione per i bambini del catechismo e le loro
famiglie per le quali organizzava incontri di formazione e anche di amicizia
festosa nel salone parrocchiale, oltre che colloqui personali orientati alla
fiducia in Dio e alle persone della loro famiglia, l’attenzione per la cura dei
suoi confratelli nel sacerdozio che seguiva, per chi voleva, come direzione
spirituale per la loro anima incoraggiandoli a puntare sull’amore per Dio per
ogni difficoltà o incomprensione… sull’esperienza di quella grande prova che
egli stesso ha dovuto subire da giovane in seminario ma che ha saputo superare
in modo eroico solo grazie al suo amore per Gesù Cristo e per la sua vocazione
sacerdotale.
Per tutte le sofferenze che ha dovuto attraversare sia come salute
malferma, sia per mantenere sempre viva la sua vocazione fino all’ultimo suo
respiro, come era suo desiderio, senza mai adagiarsi a un egoistico “quieto
vivere” ma nella piena fedeltà ai suoi doveri sacerdotali, iniziando con la
recita del Breviario e con la celebrazione della Messa quotidiana, penso
umilmente che varrebbe la pena di proporlo come modello di fedeltà sacerdotale
a tutti i sacerdoti anch’essi sottoposti spesso a prove di ogni genere in
questo mondo che li deride o li perseguita se cercano di vivere la fedeltà
nella sua pienezza.
Marisa
Bommartini Mutinelli
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