I
QUARESIMALI
Riflessioni
su “Il tempo pasquale e la Quaresima”
di Ferdinando Rancan
Introduzione
In
questo periodo dell’Anno Liturgico che precede la Pasqua, definito “Quaresima”,
la Chiesa ha sempre consigliato ai vari sacerdoti, parroci o religiosi, di
preparare i fedeli attraverso predicazioni sul mistero della Passione di Gesù
Cristo completate da preghiere e benedizioni, dette appunto “quaresimali” della
durata di 40 giorni prima della festa della Santa Pasqua.
Il numero “quaranta” ricorre spesso
nella Sacra Scrittura: per 40 giorni Gesù rimase nel deserto a pregare in vista
della sua passione; 40 giorni furono i giorni di durata del diluvio universale;
40 giorni fu il periodo in cui Mosè rimase in preghiera sul monte Sinai; il
profeta Elia percorse il deserto per 40 giorni; l’esodo degli ebrei dall’Egitto
alla terra promessa durò circa 40 anno ecc. ecc.
Abbiamo pensato con l’occasione, di
offrire ai nostri amici la lettura di alcuni scritti su questo argomento, di
don Ferdinando Rancan, sacerdote diocesano in concetto di santità, che molti di
voi hanno già conosciuto e apprezzato, anche se mai conosciuto in vita.
I brani che seguono sono stati copiati dal
libro “La moneta del tempo” un calendario per l’anima, nel quale l’autore
presenta e approfondisce il significato dell’anno liturgico che inizia col
periodo di “Avvento” in preparazione al Natale, prosegue con le varie festività
Liturgiche come la Pasqua, la Pentecoste, la Santissima Trinità, il Corpus
Domini… e termina con la solennità di tutti i Santi e la festa di Cristo Re
dell’Universo, ma si sofferma anche nel descrivere il significato di ogni
giorno della settimana, in particolare della Domenica, con le varie devozioni
ad essi attribuite e il loro collegamento con la Sacra Scrittura.
I Santi sono d’accordo nell’affermare
l’importanza che ha una buona lettura spirituale fatta quotidianamente, magari
solo per 10/15 minuti, però con costanza, soprattutto del Vangelo, perché si
rischia altrimenti di rimanere con una formazione da bambini della Prima
Comunione (ammesso che sia stata fatta bene anche questa preparazione coi tempi
che corrono!), e poi si pretende di dare un giudizio su tutto ciò che accade
nella Chiesa, anche dal punto di vista spirituale e teologico!! quando alla
base della nostra formazione c’è spesso lo zero assoluto o l’ignoranza più
evidente quando non anche la malafede nel giudicare fatti e persone che magari
non spiccano per la loro santità. E’ come pretendere di spiegare le leggi della
fisica quantistica con il diploma di terza media, eppure tutti o quasi si
ritengono in grado di salire in cattedra e spiegare il perché della vita e
della morte, del peccato e della redenzione, ecc. ecc.
Anche questo libro, come quasi tutti quelli di
don Rancan, è chiaro, profondo ma anche semplice nella sua esposizione e ha il
privilegio di riempire il cuore di gioia mano a mano che lo si legge perché come
dice Gesù, “La Verità ci fa liberi” e la libertà rende felici.
Reperibile presso la Casa Editrice “Fede e
Cultura” di Verona che lo invia a domicilio (tel. 045/941851). Auguriamo a tutti buona lettura che ci
permetta di conoscere non tanto una dottrina più o meno impegnativa, per quanto
avvincente e affascinante, ma una figura umana-divina che ci ama personalmente,
che ha dato la vita per ognuno di noi, che continuerebbe a darla nel modo più
cruento per salvarci dal fuoco eterno dell’inferno, e questa figura
meravigliosa si chiama GESU’ CRISTO. Se
non lo conosciamo, neppure possiamo seguire la sua dottrina e pertanto non
possiamo dirci cristiani. Fare l’esperienza personale di Gesù come Uomo-Dio e
di quanto ci ama, è stato spesso motivo della conversione dei più grandi
Santi. Buona lettura e buona Quaresima.
IL TEMPO PASQUALE
N. 1
– Il mercoledì delle Ceneri
Il tempo pasquale comprende tre momenti
liturgici di grande intensità: la
Quaresima, la Pasqua, la Pentecoste.
La Quaresima ci chiama alla conversione e
alla lotta contro tutto ciò che nella nostra vita si oppone a Dio; la Pasqua celebra la passione, morte,
risurrezione del Figlio di Dio fatto uomo, il quale ci ha amati e ha dato sé
stesso per noi; la Pentecoste ci
comunica i frutti della Pasqua, cioè lo Spirito Santo e la Chiesa. E' un
periodo di quattordici settimane, e risulta dalla dilatazione progressiva della
Veglia pasquale che veniva celebrata con grande solennità nelle prime comunità
cristiane.
La Quaresima inizia nel Mercoledì delle Ceneri con un austero
rito penitenziale. Le ceneri, ottenute per incenerimento dei ramoscelli
d'olivo, hanno avuto fin dall'antichità un significato penitenziale.
"Sedere nella cenere" significava riconoscere la propria povertà e la
propria nullità. La Chiesa utilizza questo significato imponendoci le ceneri
sul capo per aiutarci ad abbandonare ogni nostra superbia. Si sa, la superbia è
la radice di ogni peccato e perciò è il più radicato dei vizi umani. Si dice
che la superbia muore un giorno dopo la nostra sepoltura ed è così connaturata
al nostro animo da non poterla riconoscere e smascherare senza l'aiuto della
grazia di Dio.
Inoltre, ce ne dimentichiamo così
facilmente che la Chiesa nel rito delle Ceneri quasi ci invita a metterci
davanti alla nostra tomba dicendoci: "Ricordati che sei cenere, e in
cenere ritornerai!". La Chiesa nel ricordarci la poca cosa che siamo non
intende scoraggiarci nei nostri progetti di bene o nei nostri sforzi nobili e
coraggiosi di impegno in questo mondo come se proclamasse l'inutilità di tutto
ciò che facciamo, vuole semplicemente invitarci a deporre ogni superbia, ogni
considerazione falsa e disordinata di noi stessi, ogni appropriazione ingiusta
dei doni di Dio come se fossero merito nostro di cui gloriarci davanti agli
uomini.
La superbia non solo ci impedisce di
riconoscere Dio e quindi di orientare verso di Lui la nostra vita
(conversione), ma ci impedisce anche di riconoscere i nostri peccati e quindi
di pentircene e di emendarli con la penitenza. La superbia è il vero nemico dell'anima ed è l'unico peccato che ci fa
somiglianti a Lucifero. Perciò la Chiesa imponendoci le Ceneri ci invita
all'umiltà e ci addita il cammino penitenziale della Quaresima, che si può
riassumere nelle tre indicazioni che Gesù stesso ci ha dato: preghiera, elemosina e digiuno.
La preghiera è l'aprirsi dell'anima
a Dio: è la conversione, l'inizio della fede; l'elemosina è il dischiudersi del
cuore verso il prossimo: è la misericordia con le sue opere, segno certo della
contrizione del cuore, “l'elemosina - infatti - copre la moltitudine dei
peccati"; il digiuno è il dischiudersi del corpo e dei nostri sensi alla
riparazione: è la penitenza.
In tutto questo occorre la sincerità
interiore. Proprio nel giorno delle Ceneri, parlandoci della preghiera, del
digiuno e dell'elemosina, il Signore nel Vangelo ci mette in guardia dall'ipocrisia.
Gesù parla dell'ipocrisia di fronte agli uomini, ipocrisia che ci porta ad
agire tenendo conto del giudizio e del plauso umano, ma essa nasce
dall'ipocrisia interiore, quella che ci porta alla penitenza, alla preghiera e
alle opere buone ma senza una vera umiltà, senza una lotta sincera contro tutto
ciò che ci allontana da Dio, e senza il fermo proposito di usare i mezzi idonei
per una vera conversione.
Presentandoci Gesù lottatore contro il maligno,
la Liturgia ci invita ad una più rigorosa austerità nella vita, ad essere più
forti nel respingere il male e più decisi nel volere il bene. La società del
benessere e del facile consumismo in cui viviamo, ci ha resi tutti più fragili,
più deboli, più restii al sacrificio e all'impegno. All'inizio della Quaresima
ci viene estremamente opportuno ricordare l'avvertimento di Gesù: il Regno dei
Cieli esige "violenza" e solo i violenti lo possono conquistare.
(don
Ferdinando Rancan)
prima parte
N. 2- –
L’itinerario quaresimale
Per noi oggi
L'aspetto catecumenale della
Quaresima giustifica la centralità e l'importanza della Parola di Dio
durante questo tempo liturgico. Troppi cristiani sono rimasti allo stadio
infantile nella loro formazione religiosa o non hanno saputo assimilare né
approfondire quello che hanno ricevuto; per molti, poi, la contro-catechesi
delle teorie laiciste e della mentalità secolarizzata, così abbondantemente
dispensata dai mass-media, si è sovrapposta alla prima semina del Vangelo nella
loro anima fino a rendere l'insegnamento di Cristo completamente ininfluente
sulla loro vita. Per molti battezzati è perciò necessaria una
rievangelizzazione, e comunque per tutti noi è indispensabile un ascolto più
sincero e interiore della Parola di Dio. Ci serve perciò un accostamento umile
e profondo alla catechesi della Chiesa per alimentare quella fede ricevuta nel
battesimo, fede che dev’essere tanto più forte ed efficace quanto più lontano
da essa, e spesso ostile, è l'ambiente in cui dobbiamo viverla e testimoniarla.
L'aspetto penitenziale della
Quaresima interessa
ugualmente tutti i cristiani. La nostra prima conversione, e lo stesso
sacramento del battesimo, non hanno tolto dalla nostra anima le radici del
peccato, né hanno spento le inclinazioni al male; esse restano in noi e sono la
causa di tanti nostri cedimenti, debolezze e peccati personali. Siamo dunque
tutti peccatori, bisognosi di penitenza e di continua conversione.
Da “La moneta del tempo”
di
don Ferdinando Rancan
seconda parte
n. 3. LA PRIMA DOMENICA DI
QUARESIMA
In secondo luogo, Gesù ci insegna a non
discutere con la tentazione; egli semplicemente la respinge. Il primo cedimento
sta nel dialogare con il nemico; occorre invece prevenire, fuggire le
occasioni, resistere prontamente e con decisione spegnendo le prime avvisaglie
di suggestione.
In ogni caso occorre
conservare una grande fiducia in Dio che non ci lascia mai soli nella prova, e
una serenità interiore che ci mantenga la lucidità di coscienza. La tentazione,
per quanto violenta, sfacciata e accompagnata da turbamenti sensibili, non è
ancora peccato finché non c'è la nostra piena e consapevole accettazione.
Spesso il Signore permette che siamo tentati per saggiare la nostra fedeltà,
per mantenerci umili e vigilanti dandoci una più profonda conoscenza di noi
stessi, e per farci acquistare esperienza che ci conduca a comprendere, amare
ed aiutare i nostri fratelli nelle loro cadute. Del resto, nessuno può mai
vincere una tentazione senza la grazia di Dio. Perciò è indispensabile la
preghiera, che diventa la nostra arma più efficace e, se umile e perseverante,
sorgente sicura di vittoria. In fondo, il primo e peggior nemico che abbiamo
siamo noi stessi; il demonio, dice S. Agostino, è un cane legato a catena che,
abbaiando, cerca di impaurirci, ma morde solo quelli che gli si avvicinano. Le
promesse battesimali contengono un categorico rifiuto di seguire il demonio:
"Rinunci a Satana, causa e origine di ogni peccato?" -
"Rinuncio!".
L'aspetto battesimale
e l’aspetto penitenziale della Quaresima, presentandoci Gesù lottatore
vittorioso sul male che c'è in noi e nel mondo servono anche a ricordarci che
la nostra vita sulla terra è una milizia, una milizia che, se lo vogliamo, avrà
l'appannaggio della vittoria perché Lui ha vinto.
D.
Ferdinando Rancan
da
“La moneta del tempo”
Terza parte
Quarta parte
N. 4. Aspetto sacrificale della Pasqua di Cristo
C'è un episodio
dell'Antico Testamento che ci ricorda l'aspetto sacrificale della Pasqua
cristiana ed è riportato in una delle sette letture bibliche che si leggono
nella Veglia della notte di Pasqua: l'episodio del sacrificio compiuto da
Abramo. Abramo aveva avuto miracolosamente un figlio, Isacco, che secondo la promessa
di Dio doveva garantirgli la discendenza "numerosa come le stelle del cielo e come l'arena del mare".
Ma, quando fu cresciuto, Dio lo chiese ad Abramo in olocausto. Quel figlio era
il suo unigenito, in lui Abramo aveva riposto tutto il suo amore, la sua
speranza, il suo futuro. Il racconto, scarno e lineare, è carico di intensità
drammatica: Isacco, con il carico della legna sulle spalle, seguiva il padre
che lentamente saliva il monte Moria, l'attuale Calvario. Il silenzio pesava
più del sudore, più della fatica, più della montagna. Improvvisamente una
domanda, greve come il rumore dei passi: "Padre mio!... Ecco qui il fuoco
e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?" - "Dio provvederà,
figlio mio!" E sul monte Moria Dio provvide; vi fece trovare l'agnello per
il sacrificio. Anche Cristo, portando la croce sulle spalle, salì il Calvario
seguendo la volontà del Padre e offrendo sé stesso come Agnello innocente, fu
sacrificato al posto di tutti noi.
A questo episodio non
si dà, di solito, un significato strettamente pasquale, e tuttavia è l'episodio
che più di ogni altro si addice, profeticamente, al sacrificio di Cristo; viene
infatti ricordato nella prima Prece eucaristica della Messa. Fu un sacrificio
di obbedienza, cioè di adorazione alla volontà del Padre. In questo sta tutto
il valore della passione e della morte di Gesù. Le terribili sofferenze fisiche
e gli stessi insulti e umiliazioni subite nella passione non hanno avuto la
durezza e il peso di dolore e di ripugnanza che ha avuto il sì obbedienziale
che Gesù ha pronunziato nell'agonia del Getsemani.
In quella notte Gesù
era irriconoscibile: cominciò a tremare di paura e, preso da tristezza mortale,
cadde con la faccia a terra come un cencio. "In preda all'angoscia, pregava più intensamente; il suo sudore diventò
come gocce di sangue che cadevano a terra".[2]
Nessuno mai potrà misurare quello che
Gesù ha provato nella sua anima in quella "agonia". - Padre,
passi da me questo calice! - Non era il calice delle sofferenze fisiche, non
era il calice degli insulti e dei maltrattamenti, era il calice della
"sconfitta", della maledizione legata al peccato. La croce era il
segno che Dio aveva "abbandonato" suo Figlio alla sconfitta di fronte
agli uomini. Una sconfitta senza possibilità di rivincita; sconfessato dai suoi
e da tutti gli uomini, Gesù apparirà sconfessato anche da Dio. "Discendi dalla croce e ti crederemo (...) Ha
confidato in Dio; lo liberi ora, se gli vuol bene, poiché ha detto sono Figlio
di Dio!". [3]
Gesù uscì da quella
orazione trasformato; era tornato quello di sempre: forte, sicuro di sé,
padrone delle situazioni... Perciò la sua inspiegabile remissività di fronte ai
suoi nemici riempì di stupore gli Apostoli che, incoraggiati perfino dalla
difesa che Gesù prese per loro, lo abbandonarono e fuggirono. Gesù subirà con
estrema consapevolezza e dignità l'esecuzione materiale di ciò che egli aveva
accettato nel Getsemani con piena e filiale adesione alla volontà del Padre.
La morte di Gesù ha dunque, agli occhi del mondo, le
apparenze di una sconfitta, di un fallimento, ma agli occhi della nostra fede
essa è stata un "sacrificio", cioè un atto di culto a Dio. Ciò
significa che Gesù non è morto per circostanze fatali, sopraffatto dai suoi
nemici che alla fine hanno avuto ragione di lui; non è stato un eroe di questo
mondo che dopo aver lottato per la giustizia e altri nobili cause, soccombe
travolto dall'astuzia e dalla perfidia degli uomini. Gesù è morto perché l'ha
voluto lui; egli volontariamente si è consegnato alla morte in obbedienza al
Padre. E lo ha fatto quando ha voluto lui, quando venne "la sua ora",
quella segnata dal Padre. Molte volte i suoi nemici avevano tentato di
catturarlo, ma egli non lo permise mostrandosi ogni volta padrone delle
situazioni e degli avvenimenti. "Io
offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho
il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo"[5]
Di più: l'atto stesso
della sua morte non è stato pura conseguenza dei maltrattamenti della passione
- molti hanno cercato inutilmente di spiegare la causa ultima della morte di
Gesù -; Gesù stesso ha deciso il momento di dare la sua vita. Quando Gesù,
dando un forte grido, esclama: "Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito" e muore[6]
non ha fatto semplicemente un atto di fiducia e di filiale abbandono nelle mani
del Padre, ma ha compiuto un vero atto oblativo e sacrificale di sé stesso. In
definitiva, Gesù non subisce la morte,
ma offre la vita. Perciò il suo sacrificio fu l'atto supremo dell'amore, fu
tutto e solo amore.
Questa fu la pasqua
sacrificale di Gesù, che egli portò a compimento sulla croce, completamente
annientato, elevato da terra, nudo, sconfitto e fallito. E questo fu il prezzo
della nostra salvezza, della nostra pace, della nostra felicità eterna.
Nell'Eucaristia Gesù continuerà questa presenza sacrificale, e
D.
Ferdinando Rancan
da
“La moneta del tempo”
quarta parte
[1]
Prefazio dalla Messa votiva del S.Cuore
[2] Lc. 22,44
[3] Mt. 27,43
[4] Ebrei, 5,7
[5] Gv. 10,17-18
[6] Lc. 23,46
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