martedì 4 marzo 2025

I QUARESIMALI E IL TEMPO PASQUALE (segue con le puntate...)

I QUARESIMALI

Riflessioni su “Il tempo pasquale e la Quaresima”

di Ferdinando Rancan

 

Introduzione

 

In questo periodo dell’Anno Liturgico che precede la Pasqua, definito “Quaresima”, la Chiesa ha sempre consigliato ai vari sacerdoti, parroci o religiosi, di preparare i fedeli attraverso predicazioni sul mistero della Passione di Gesù Cristo completate da preghiere e benedizioni, dette appunto “quaresimali” della durata di 40 giorni prima della festa della Santa Pasqua.

            Il numero “quaranta” ricorre spesso nella Sacra Scrittura: per 40 giorni Gesù rimase nel deserto a pregare in vista della sua passione; 40 giorni furono i giorni di durata del diluvio universale; 40 giorni fu il periodo in cui Mosè rimase in preghiera sul monte Sinai; il profeta Elia percorse il deserto per 40 giorni; l’esodo degli ebrei dall’Egitto alla terra promessa durò circa 40 anno ecc. ecc.

            Abbiamo pensato con l’occasione, di offrire ai nostri amici la lettura di alcuni scritti su questo argomento, di don Ferdinando Rancan, sacerdote diocesano in concetto di santità, che molti di voi hanno già conosciuto e apprezzato, anche se mai conosciuto in vita.

I brani che seguono sono stati copiati dal libro “La moneta del tempo” un calendario per l’anima, nel quale l’autore presenta e approfondisce il significato dell’anno liturgico che inizia col periodo di “Avvento” in preparazione al Natale, prosegue con le varie festività Liturgiche come la Pasqua, la Pentecoste, la Santissima Trinità, il Corpus Domini… e termina con la solennità di tutti i Santi e la festa di Cristo Re dell’Universo, ma si sofferma anche nel descrivere il significato di ogni giorno della settimana, in particolare della Domenica, con le varie devozioni ad essi attribuite e il loro collegamento con la Sacra Scrittura.

I Santi sono d’accordo nell’affermare l’importanza che ha una buona lettura spirituale fatta quotidianamente, magari solo per 10/15 minuti, però con costanza, soprattutto del Vangelo, perché si rischia altrimenti di rimanere con una formazione da bambini della Prima Comunione (ammesso che sia stata fatta bene anche questa preparazione coi tempi che corrono!), e poi si pretende di dare un giudizio su tutto ciò che accade nella Chiesa, anche dal punto di vista spirituale e teologico!! quando alla base della nostra formazione c’è spesso lo zero assoluto o l’ignoranza più evidente quando non anche la malafede nel giudicare fatti e persone che magari non spiccano per la loro santità. E’ come pretendere di spiegare le leggi della fisica quantistica con il diploma di terza media, eppure tutti o quasi si ritengono in grado di salire in cattedra e spiegare il perché della vita e della morte, del peccato e della redenzione, ecc. ecc.

Anche questo libro, come quasi tutti quelli di don Rancan, è chiaro, profondo ma anche semplice nella sua esposizione e ha il privilegio di riempire il cuore di gioia mano a mano che lo si legge perché come dice Gesù, “La Verità ci fa liberi” e la libertà rende felici.

Reperibile presso la Casa Editrice “Fede e Cultura” di Verona che lo invia a domicilio (tel. 045/941851).  Auguriamo a tutti buona lettura che ci permetta di conoscere non tanto una dottrina più o meno impegnativa, per quanto avvincente e affascinante, ma una figura umana-divina che ci ama personalmente, che ha dato la vita per ognuno di noi, che continuerebbe a darla nel modo più cruento per salvarci dal fuoco eterno dell’inferno, e questa figura meravigliosa si chiama GESU’ CRISTO.  Se non lo conosciamo, neppure possiamo seguire la sua dottrina e pertanto non possiamo dirci cristiani. Fare l’esperienza personale di Gesù come Uomo-Dio e di quanto ci ama, è stato spesso motivo della conversione dei più grandi Santi.  Buona lettura e buona Quaresima.

 

 

IL TEMPO PASQUALE

 

N. 1     – Il mercoledì delle Ceneri

 

Il tempo pasquale comprende tre momenti liturgici di grande intensità: la Quaresima, la Pasqua, la Pentecoste.

La Quaresima ci chiama alla conversione e alla lotta contro tutto ciò che nella nostra vita si oppone a Dio; la Pasqua celebra la passione, morte, risurrezione del Figlio di Dio fatto uomo, il quale ci ha amati e ha dato sé stesso per noi; la Pentecoste ci comunica i frutti della Pasqua, cioè lo Spirito Santo e la Chiesa. E' un periodo di quattordici settimane, e risulta dalla dilatazione progressiva della Veglia pasquale che veniva celebrata con grande solennità nelle prime comunità cristiane.

            La Quaresima inizia nel Mercoledì delle Ceneri con un austero rito penitenziale. Le ceneri, ottenute per incenerimento dei ramoscelli d'olivo, hanno avuto fin dall'antichità un significato penitenziale. "Sedere nella cenere" significava riconoscere la propria povertà e la propria nullità. La Chiesa utilizza questo significato imponendoci le ceneri sul capo per aiutarci ad abbandonare ogni nostra superbia. Si sa, la superbia è la radice di ogni peccato e perciò è il più radicato dei vizi umani. Si dice che la superbia muore un giorno dopo la nostra sepoltura ed è così connaturata al nostro animo da non poterla riconoscere e smascherare senza l'aiuto della grazia di Dio.

            Inoltre, ce ne dimentichiamo così facilmente che la Chiesa nel rito delle Ceneri quasi ci invita a metterci davanti alla nostra tomba dicendoci: "Ricordati che sei cenere, e in cenere ritornerai!". La Chiesa nel ricordarci la poca cosa che siamo non intende scoraggiarci nei nostri progetti di bene o nei nostri sforzi nobili e coraggiosi di impegno in questo mondo come se proclamasse l'inutilità di tutto ciò che facciamo, vuole semplicemente invitarci a deporre ogni superbia, ogni considerazione falsa e disordinata di noi stessi, ogni appropriazione ingiusta dei doni di Dio come se fossero merito nostro di cui gloriarci davanti agli uomini.

            La superbia non solo ci impedisce di riconoscere Dio e quindi di orientare verso di Lui la nostra vita (conversione), ma ci impedisce anche di riconoscere i nostri peccati e quindi di pentircene e di emendarli con la penitenza. La superbia è il vero nemico dell'anima ed è l'unico peccato che ci fa somiglianti a Lucifero. Perciò la Chiesa imponendoci le Ceneri ci invita all'umiltà e ci addita il cammino penitenziale della Quaresima, che si può riassumere nelle tre indicazioni che Gesù stesso ci ha dato: preghiera, elemosina e digiuno.

            La preghiera è l'aprirsi dell'anima a Dio: è la conversione, l'inizio della fede; l'elemosina è il dischiudersi del cuore verso il prossimo: è la misericordia con le sue opere, segno certo della contrizione del cuore, “l'elemosina - infatti - copre la moltitudine dei peccati"; il digiuno è il dischiudersi del corpo e dei nostri sensi alla riparazione: è la penitenza.

            In tutto questo occorre la sincerità interiore. Proprio nel giorno delle Ceneri, parlandoci della preghiera, del digiuno e dell'elemosina, il Signore nel Vangelo ci mette in guardia dall'ipocrisia. Gesù parla dell'ipocrisia di fronte agli uomini, ipocrisia che ci porta ad agire tenendo conto del giudizio e del plauso umano, ma essa nasce dall'ipocrisia interiore, quella che ci porta alla penitenza, alla preghiera e alle opere buone ma senza una vera umiltà, senza una lotta sincera contro tutto ciò che ci allontana da Dio, e senza il fermo proposito di usare i mezzi idonei per una vera conversione.

Presentandoci Gesù lottatore contro il maligno, la Liturgia ci invita ad una più rigorosa austerità nella vita, ad essere più forti nel respingere il male e più decisi nel volere il bene. La società del benessere e del facile consumismo in cui viviamo, ci ha resi tutti più fragili, più deboli, più restii al sacrificio e all'impegno. All'inizio della Quaresima ci viene estremamente opportuno ricordare l'avvertimento di Gesù: il Regno dei Cieli esige "violenza" e solo i violenti lo possono conquistare.

 

                                                           (don Ferdinando Rancan)

                                                                   prima parte

 

N. 2-   – L’itinerario quaresimale

 

La Quaresima assunse così il significato di un cammino verso la Pasqua con riferimento soprattutto al Battesimo. Particolari esercizi penitenziali erano previsti per due categorie di persone: i catecumeni e i penitenti. La Quaresima dei catecumeni era pre-battesimale e aveva lo scopo di preparare al battesimo i convertiti attraverso un'assidua catechesi sulle verità della fede cristiana e una purificazione della condotta che garantisse il cambiamento di vita dalle abitudini pagane.

            La Quaresima dei penitenti era post-battesimale ed era ordinata alla riconciliazione dei pubblici peccatori che, allontanati dalla comunità per la loro condotta, venivano sottoposti a pubblica penitenza, in "cenere e cilicio", prima di essere ammessi a partecipare all'Eucarestia; la riconciliazione avveniva appunto nel giovedì santo.

            Per noi oggi la Quaresima potrebbe rivestire spiritualmente ambedue i significati: catecumenale e penitenziale. Noi abbiamo già ricevuto il battesimo, ma la ricchezza di questo sacramento è tale da non essere mai esaurita; tutta la vita cristiana è vita battesimale e si configura come un progressivo sviluppo della grazia e della vita divina ricevute nel battesimo. Inoltre, il battesimo è anche il sacramento della fede, e la fede è suscitata in noi dalla Parola di Dio. Ora, la Parola di Dio richiede un continuo ascolto interiore senza il quale la fede battesimale rimarrebbe come un seme inaridito e infecondo. La stessa santità cristiana non è che la pienezza della vita battesimale. Ogni cristiano è perciò un battezzato e insieme un catecumeno.

            L'aspetto catecumenale della Quaresima giustifica la centralità e l'importanza della Parola di Dio durante questo tempo liturgico. Troppi cristiani sono rimasti allo stadio infantile nella loro formazione religiosa o non hanno saputo assimilare né approfondire quello che hanno ricevuto; per molti, poi, la contro-catechesi delle teorie laiciste e della mentalità secolarizzata, così abbondantemente dispensata dai mass-media, si è sovrapposta alla prima semina del Vangelo nella loro anima fino a rendere l'insegnamento di Cristo completamente ininfluente sulla loro vita. Per molti battezzati è perciò necessaria una rievangelizzazione, e comunque per tutti noi è indispensabile un ascolto più sincero e interiore della Parola di Dio. Ci serve perciò un accostamento umile e profondo alla catechesi della Chiesa per alimentare quella fede ricevuta nel battesimo, fede che dev’essere tanto più forte ed efficace quanto più lontano da essa, e spesso ostile, è l'ambiente in cui dobbiamo viverla e testimoniarla.

            L'aspetto penitenziale della Quaresima interessa ugualmente tutti i cristiani. La nostra prima conversione, e lo stesso sacramento del battesimo, non hanno tolto dalla nostra anima le radici del peccato, né hanno spento le inclinazioni al male; esse restano in noi e sono la causa di tanti nostri cedimenti, debolezze e peccati personali. Siamo dunque tutti peccatori, bisognosi di penitenza e di continua conversione. La Quaresima si caratterizza così come "tempo forte", tempo di lotta e di impegno ascetico. E' una lotta che si conduce su più fronti, perché il male non è solo dentro di noi, conta anche alleati esterni che agiscono nel mondo come nemici di Dio: il demonio e lo spirito mondano.

                                                           Da  “La moneta del tempo”

                                                           di don Ferdinando Rancan

                                                                 seconda parte

  

n. 3.   LA PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

 

            La Prima domenica di Quaresima ci presenta subito la figura di Cristo come lottatore: affronta il demonio che lo aggredisce con le sue tentazioni. Gesù subì soltanto tentazioni esterne dal momento che la sua perfetta integrità morale e la sua assoluta santità non erano compatibili con il disordine della concupiscenza e con le inclinazioni al male - tentazioni interne - che caratterizzano la nostra condizione di peccatori: “Fu in tutto simile a noi tranne che nel peccato" dirà San Paolo. Gesù tuttavia volle essere tentato dal diavolo per due motivi: primo, per riparare la nostra sconfitta. Il demonio infatti travolse i nostri progenitori con le sue suggestioni; ora egli continua ad agire nel mondo e, non potendo far nulla contro Dio, si accanisce contro l'uomo, cioè contro la creatura che porta il sigillo e l'immagine di Dio. Gesù mettendosi al nostro posto sostituì la nostra sconfitta con la sua vittoria. Secondo motivo, volle essere tentato per insegnarci come dobbiamo lottare e vincere nelle nostre tentazioni. Innanzitutto egli ci insegna a smascherare l'inganno. Ogni tentazione è essa stessa un inganno, è il tentativo di far apparire come bene ciò che non lo è, di farci credere che troveremo la felicità in ciò che appaga la nostra superbia e la nostra concupiscenza anche se offende Dio e va contro la sua volontà. Il demonio usa le cose buone per tentarci al male, così come ha usato la Parola di Dio per tentare Gesù.

In secondo luogo, Gesù ci insegna a non discutere con la tentazione; egli semplicemente la respinge. Il primo cedimento sta nel dialogare con il nemico; occorre invece prevenire, fuggire le occasioni, resistere prontamente e con decisione spegnendo le prime avvisaglie di suggestione.

            In ogni caso occorre conservare una grande fiducia in Dio che non ci lascia mai soli nella prova, e una serenità interiore che ci mantenga la lucidità di coscienza. La tentazione, per quanto violenta, sfacciata e accompagnata da turbamenti sensibili, non è ancora peccato finché non c'è la nostra piena e consapevole accettazione. Spesso il Signore permette che siamo tentati per saggiare la nostra fedeltà, per mantenerci umili e vigilanti dandoci una più profonda conoscenza di noi stessi, e per farci acquistare esperienza che ci conduca a comprendere, amare ed aiutare i nostri fratelli nelle loro cadute. Del resto, nessuno può mai vincere una tentazione senza la grazia di Dio. Perciò è indispensabile la preghiera, che diventa la nostra arma più efficace e, se umile e perseverante, sorgente sicura di vittoria. In fondo, il primo e peggior nemico che abbiamo siamo noi stessi; il demonio, dice S. Agostino, è un cane legato a catena che, abbaiando, cerca di impaurirci, ma morde solo quelli che gli si avvicinano. Le promesse battesimali contengono un categorico rifiuto di seguire il demonio: "Rinunci a Satana, causa e origine di ogni peccato?" - "Rinuncio!".

            L'aspetto battesimale e l’aspetto penitenziale della Quaresima, presentandoci Gesù lottatore vittorioso sul male che c'è in noi e nel mondo servono anche a ricordarci che la nostra vita sulla terra è una milizia, una milizia che, se lo vogliamo, avrà l'appannaggio della vittoria perché Lui ha vinto.

 

                                           D. Ferdinando Rancan

                                          da “La moneta del tempo”

                                                        Terza parte

 

Quarta parte

 

N. 4.   Aspetto sacrificale della Pasqua di Cristo

 

La Quaresima, come ogni itinerario, ha la sua meta: è l'incontro con Cristo nel suo mistero pasquale di morte e risurrezione. L'itinerario battesimale della Quaresima approda alla Pasqua sacrificale di Cristo: il Battesimo conduce all'Eucaristia. Abbiamo visto che il battesimo ci ricorda l'aspetto salvifico della pasqua prefigurato nella pasqua ebraica dell'Esodo, mentre l'Eucaristia ci ricorda la pasqua sacrificale di Cristo. I due aspetti sono intimamente legati tra loro perché non ci può essere l'uno senza l'altro. Il Battesimo e l'Eucaristia sono sgorgati dal sacrificio di Cristo: "dalla ferita del suo fianco effuse sangue ed acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa"[1] Dunque il centro della Pasqua cristiana è il sacrificio della Croce. Infatti, prima di essere un atto salvifico che ripara i nostri peccati, il sacrificio di Cristo è un atto di culto a Dio, un atto di obbedienza al Padre, e diventa salvifico proprio perché è un atto di adorazione al Padre.

            C'è un episodio dell'Antico Testamento che ci ricorda l'aspetto sacrificale della Pasqua cristiana ed è riportato in una delle sette letture bibliche che si leggono nella Veglia della notte di Pasqua: l'episodio del sacrificio compiuto da Abramo. Abramo aveva avuto miracolosamente un figlio, Isacco, che secondo la promessa di Dio doveva garantirgli la discendenza "numerosa come le stelle del cielo e come l'arena del mare". Ma, quando fu cresciuto, Dio lo chiese ad Abramo in olocausto. Quel figlio era il suo unigenito, in lui Abramo aveva riposto tutto il suo amore, la sua speranza, il suo futuro. Il racconto, scarno e lineare, è carico di intensità drammatica: Isacco, con il carico della legna sulle spalle, seguiva il padre che lentamente saliva il monte Moria, l'attuale Calvario. Il silenzio pesava più del sudore, più della fatica, più della montagna. Improvvisamente una domanda, greve come il rumore dei passi: "Padre mio!... Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?" - "Dio provvederà, figlio mio!" E sul monte Moria Dio provvide; vi fece trovare l'agnello per il sacrificio. Anche Cristo, portando la croce sulle spalle, salì il Calvario seguendo la volontà del Padre e offrendo sé stesso come Agnello innocente, fu sacrificato al posto di tutti noi.

            A questo episodio non si dà, di solito, un significato strettamente pasquale, e tuttavia è l'episodio che più di ogni altro si addice, profeticamente, al sacrificio di Cristo; viene infatti ricordato nella prima Prece eucaristica della Messa. Fu un sacrificio di obbedienza, cioè di adorazione alla volontà del Padre. In questo sta tutto il valore della passione e della morte di Gesù. Le terribili sofferenze fisiche e gli stessi insulti e umiliazioni subite nella passione non hanno avuto la durezza e il peso di dolore e di ripugnanza che ha avuto il sì obbedienziale che Gesù ha pronunziato nell'agonia del Getsemani.

            In quella notte Gesù era irriconoscibile: cominciò a tremare di paura e, preso da tristezza mortale, cadde con la faccia a terra come un cencio. "In preda all'angoscia, pregava più intensamente; il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra".[2] Nessuno mai potrà misurare quello che Gesù ha provato nella sua anima in quella "agonia". - Padre, passi da me questo calice! - Non era il calice delle sofferenze fisiche, non era il calice degli insulti e dei maltrattamenti, era il calice della "sconfitta", della maledizione legata al peccato. La croce era il segno che Dio aveva "abbandonato" suo Figlio alla sconfitta di fronte agli uomini. Una sconfitta senza possibilità di rivincita; sconfessato dai suoi e da tutti gli uomini, Gesù apparirà sconfessato anche da Dio. "Discendi dalla croce e ti crederemo (...) Ha confidato in Dio; lo liberi ora, se gli vuol bene, poiché ha detto sono Figlio di Dio!". [3]

            La Lettera agli Ebrei allude a quella "agonia" obbedienziale quando scrive: "...egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lagrime a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che patì..."[4] "Fu esaudito..." non nel senso che gli fu risparmiata l'umiliazione e la morte, ma nel senso che fu reso capace di quella obbedienza salvifica che lo portò ad accettare la "maledizione" e la sconfitta della croce. Lo liberò infatti dall'angoscia e dalla tristezza mortale che lo aveva schiacciato nell'Orto degli olivi. Egli non si difenderà; non tornerà in piazza a convincere i suoi avversari della sua innocenza e a mostrare agli uomini la sua potenza e la sua vittoria sulla morte. Accetterà di risorgere e salire al cielo esclusivamente per la gloria del Padre, rinunciando ad ogni significato di rivincita umana davanti al mondo e anche davanti ai suoi apostoli. Fu liberato dall'angoscia e dalla morte interiore "per la sua pietà", per la sua consapevolezza di figlio di Dio che obbediva al Padre. Un angelo fu la conferma che il Padre aveva accolto la supplica straziante del suo Figlio diletto.

            Gesù uscì da quella orazione trasformato; era tornato quello di sempre: forte, sicuro di sé, padrone delle situazioni... Perciò la sua inspiegabile remissività di fronte ai suoi nemici riempì di stupore gli Apostoli che, incoraggiati perfino dalla difesa che Gesù prese per loro, lo abbandonarono e fuggirono. Gesù subirà con estrema consapevolezza e dignità l'esecuzione materiale di ciò che egli aveva accettato nel Getsemani con piena e filiale adesione alla volontà del Padre.

            La morte di Gesù ha dunque, agli occhi del mondo, le apparenze di una sconfitta, di un fallimento, ma agli occhi della nostra fede essa è stata un "sacrificio", cioè un atto di culto a Dio. Ciò significa che Gesù non è morto per circostanze fatali, sopraffatto dai suoi nemici che alla fine hanno avuto ragione di lui; non è stato un eroe di questo mondo che dopo aver lottato per la giustizia e altri nobili cause, soccombe travolto dall'astuzia e dalla perfidia degli uomini. Gesù è morto perché l'ha voluto lui; egli volontariamente si è consegnato alla morte in obbedienza al Padre. E lo ha fatto quando ha voluto lui, quando venne "la sua ora", quella segnata dal Padre. Molte volte i suoi nemici avevano tentato di catturarlo, ma egli non lo permise mostrandosi ogni volta padrone delle situazioni e degli avvenimenti. "Io offro la mia vita... Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo"[5]

            Di più: l'atto stesso della sua morte non è stato pura conseguenza dei maltrattamenti della passione - molti hanno cercato inutilmente di spiegare la causa ultima della morte di Gesù -; Gesù stesso ha deciso il momento di dare la sua vita. Quando Gesù, dando un forte grido, esclama: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" e muore[6] non ha fatto semplicemente un atto di fiducia e di filiale abbandono nelle mani del Padre, ma ha compiuto un vero atto oblativo e sacrificale di sé stesso. In definitiva, Gesù non subisce la morte, ma offre la vita. Perciò il suo sacrificio fu l'atto supremo dell'amore, fu tutto e solo amore.

            Questa fu la pasqua sacrificale di Gesù, che egli portò a compimento sulla croce, completamente annientato, elevato da terra, nudo, sconfitto e fallito. E questo fu il prezzo della nostra salvezza, della nostra pace, della nostra felicità eterna. Nell'Eucaristia Gesù continuerà questa presenza sacrificale, e la Pasqua del cristiano sarà la partecipazione a questa Pasqua del Signore, finché egli venga.

 

                                       D. Ferdinando Rancan

                                    da “La moneta del tempo”

                                                 quarta parte

 

 



[1] Prefazio dalla Messa votiva del S.Cuore

[2] Lc. 22,44

[3] Mt. 27,43

[4] Ebrei, 5,7

[5] Gv. 10,17-18

[6] Lc. 23,46


domenica 16 febbraio 2025

LA NASCITA MIRACOLOSA DI GESU' BAMBINO DAL GREMBO DI MARIA VERGINE.

 

Cari amici,

            come da promessa, invio il brano del capitolo tratto dal libro “LA MADONNA RACCONTA” ed. Fede & Cultura, di don Ferdinando Rancan riguardante la miracolosa e misteriosa nascita di Gesù Bambino dal grembo di Maria Vergine, libro davvero unico e consigliabile a tutti per la sua profondità e chiarezza, che molti ritengono “ispirato” all’autore dalla Madonna stessa, nonostante egli continuasse ad affermare con umiltà, che questo suo libro, come altri, era frutto di un’assidua meditazione del Vangelo e della vita di Maria Santissima offerta anche da molti mistici e santi.

 

Questo suo libro, però, si deve notare bene, è diverso da tutti gli altri, perché qui è la Madonna stessa che parla, che descrive, che si muove, che da spiegazioni, che apre il suo cuore ai suoi figli ecc. come se fosse lei stessa a raccontare la sua vita (dal titolo appunto “La Madonna racconta”) e per questo viene considerato da molti lettori, un libro “ispirato”, e comunque in piena fedeltà con il Vangelo e la Tradizione della Chiesa, a maggior ragione perché confermato dall’imprimatur di S. Ecc.za il compianto mons. Luigi Negri che ne ha curato la presentazione.

 

Come infatti appare dal brano qui sotto allegato, sembra che l’autore, cioè la Madonna stessa che parla, consapevole di essere rimasta incinta in modo miracoloso e misterioso agli occhi umani, non si stupisse più di tanto nel trovarsi il Bambino Gesù tra le sue braccia, “uscito” diciamo miracolosamente dal suo grembo senza intaccare la sua verginità e i tessuti interni. Così come avvenne per il lenzuolo della Sindone che non venne affatto lacerato dall’uscita del corpo risuscitato di Gesù ma lo oltrepassò, come fa un raggio di luce attraverso un cristallo.

 

Spiegazione scientifica? Le ultime scoperte sempre più sofisticate sul lenzuolo della Sindone, lo confermano, tuttavia dobbiamo ricordare che Gesù è il Signore, è il nostro Dio Onnipotente fatto Uomo per noi, il quale può compiere tutti i miracoli e le meraviglie che vuole, anche incomprensibili all’intelletto umano (cosa c’è di più strepitoso dell’Universo con le sue Galassie?). Ciononostante Egli ha un tale grande rispetto per la nostra povera natura e mente umana, che sembra voglia compiere miracoli che prima o poi, vengono confermati anche dalla ricerca scientifica, quasi per volerci dare le prove anche tangibili della Sua maestà divina e indurci ad adorarlo non solo col cuore (Fides) ma anche con la mente, (Ratio). Come da meravigliosa enciclica di San Giovanni Paolo II “Fides et Ratio” che tutti dovremmo aver letto almeno una volta nella vita.

 

È NATO PER NOI UN BAMBINO

Dal libro “La Madonna Racconta”

di don Ferdinando Rancan

 

Quella sera Giuseppe non riusciva a nascondere la sua preoccupazione; per un momento lo vidi anche avvilito e amareggiato. Non erano da lui questi atteggiamenti, mai lo vidi così seriamente pensoso, quasi paralizzato dal dubbio e dall’incertezza davanti a una situazione difficile. Certamente quella sera pesava molto su di lui la stanchezza: aveva camminato tutto il giorno di casa in casa per reperire un alloggio, anche piccolo ma discreto e con un minimo di confort per la nascita del Bambino, ma inutilmente.

            Giorni prima, andando a deporre la sua iscrizione davanti al pubblico funzionario in ordine al censimento, si era guardato attorno, si era informato, aveva chiesto a conoscenti e a qualche lontano parente senza alcuna risposta, aveva perfino pensato di affittare una tenda ma non riuscì a trovare una soluzione al nostro problema. D’altra parte i sintomi del parto erano ormai evidenti e tutto poteva accadere da un momento all’altro.

            Fu allora che lo vidi entrare in un profondo raccoglimento: si sedette, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, la fronte sulle dita incrociate, gli occhi socchiusi come se proteggessero i moti dell’animo, e un silenzio interiore, irraggiungibile dal chiasso e dal confuso vociare del caravanserraglio, proteggeva la sua preghiera che certamente fluiva dal suo cuore e che io percepivo per averlo sperimentato tante volte, vivendo accanto a lui. Sentivo infatti che il Signore lo stava ascoltando e lo stava illuminando.

            Lasciò infatti passare alcuni minuti, poi si alzò con decisione, mi guardò col volto rilassato e sereno, mi passò una carezza sul capo e aiutandomi ad alzarmi: “Su – disse –dobbiamo andarcene di qui”. La nascita del nostro Bambino non poteva avvenire lì, in mezzo alla confusione, alla sporcizia, al disordine di un caravanserraglio, sotto gli sguardi incuriositi di estranei che non avrebbero capito quale significato poteva avere quella nascita e chi era quel Bambino che veniva alla luce in quel modo così singolare. Meglio un rifugio naturale, lontano dall’indifferenza e dalla vana curiosità della gente, protetti dai nostri angeli e custoditi dalla provvidenza del cielo.

D’altra parte, alla luce di quella preghiera, Giuseppe e io avevamo maturato la convinzione che non furono tanto gli uomini a chiuderci la porta in faccia quanto piuttosto una precisa volontà di Dio che, come sempre, conduceva gli avvenimenti a modo suo. Come infatti nessuno sapeva né poteva sapere come Gesù era sbocciato nel mio grembo, così nessuno doveva assistere alla sua nascita, perché quel parto era un segreto di Dio, della sua onnipotenza, e solo il cielo e gli Angeli potevano esserne testimoni.

            Giuseppe, dunque, raccolte le poche cose che avevamo portato con noi, (non mancarono i panni e le fasce che sarebbero servite all’occorrenza) sellò il nostro asinello e senza dilungarsi in saluti e spiegazioni, ci accomiatammo dalle persone e lasciammo il caravanserraglio. Dovevamo approfittare degli ultimi raggi del sole per trovare ancora una soluzione idonea alle necessità di quel momento.  Ancora una volta l’intuito di Giuseppe – e sicuramente l’aiuto dei nostri Angeli – ebbe un provvidenziale successo: prendemmo il declivio che da fuori Betlemme porta alla strada per Ebrom, ed ecco, lì, sotto una cengia, una grotta ampia e sicura che sembrava fatta proprio per noi. 

Giuseppe mi fece attendere un po’ lì fuori, aiutandomi a sedere su una sporgenza della roccia coperta di morbido muschio, mentre lui si accingeva, con un rastrello trovato lì dentro e una scopa di rami secchi allestita alla buona, a ripulire alla meno peggio l’abitacolo. All’improvviso il fruscio della scopa venne interrotto da un forte muggito proveniente dal fondo buio della grotta. Giuseppe prese la lanterna, si avvicinò, e vide un placido bue, comodamente sdraiato, che ci voleva dare, a modo suo, il benvenuto. Collocammo lì accanto anche il nostro asinello mentre Giuseppe si affrettò a preparare con del fieno fresco e profumato trovato in un angolo della grotta, sul quale aveva steso il suo mantello, una specie di lettuccio sul quale mi adagiai con evidente sollievo.  Anche Giuseppe, alla fine, stanco, ma soddisfatto dell’abitacolo ben ripulito e intiepidito dal calore dell’animale, si riposò lì accanto e si addormentò.

Proprio lì, nel cuore della notte, ci fu dato Gesù.

 

            Figlio mio e figlia mia, chi mai potrà dirvi, e io stessa come potrei descrivervi quello che accadde in quella notte? Nel silenzio di tutto il creato quella grotta mi apparve come il centro dell’universo. Avevo sentito il Bambino sussultare nel mio ventre e poi, all’improvviso, non so come, me lo vidi tra le braccia, nudo ma pulito e profumato, come se fosse uscito da un bocciolo di rosa. Lo accarezzai e lo strinsi fra le mani che tremavano di commozione, quasi per assicurarmi che era vero. Era proprio un Bambino, in carne ed ossa, morbido come un batuffolo. Giuseppe avvicinò la lanterna per illuminarlo da vicino: ci fermammo a contemplarlo in silenzio, con gli occhi lucidi e il cuore che batteva forte. Non trovammo parole, ma i nostri sguardi che si incontrarono pieni di stupore e di meraviglia, e il nostro sorriso che traboccava di felicità, dicevano molto più di quanto potevano le parole. Passarono alcuni istanti, intensi e dolcissimi, poi Giuseppe ripose la lanterna e prendendo nelle sue braccia con forza e delicatezza me e il Bambino: “Maria cara, sussurrò, è Gesù! Il nostro Gesù! Ed è stupendo! Bellissimo...! Grazie, amore mio!”

            A questo punto il Bambino emise il primo vagito; era il suo saluto, il suo “Eccomi!”. Lo coprii con i panni di lino e lo avvolsi nelle fasce con ogni cura e con un po’ di trepidazione, come chi prendeva per la prima volta tra le mani una creatura appena nata. Gesù si lasciò fare con incantevole docilità mentre Giuseppe si dedicava a trasformare la mangiatoia in una culla. Improvvisamente, come d’impulso, presi il Bambino e lo avvicinai alla mia guancia: pelle con pelle, era un contatto che parlava il linguaggio dell’intimità intensamente gratificante che è propria esclusivamente della madre con la sua creatura. Gesù strisciò per qualche istante la sua guancia sulla mia, poi istintivamente aprì le sue piccole labbra come per cercare qualcosa: era la sua prima richiesta di Bambino appena nato. Allora scoprii i miei seni che si erano fatti turgidi e caldi e li avvicinai alla sua bocca. Egli si aggrappò al seno più vicino e cominciò a succhiare aprendo i suoi occhi di neonato verso di me.

Come potrei manifestare l’emozione, i pensieri, i sentimenti che inondavano l’anima mia in quei momenti? Erano, sì, i moti inesprimibili dell’animo che ogni donna prova quando stringe per la prima volta tra le sue mani la sua creatura… sente che ha ricevuto un dono immenso, un tesoro che non ha prezzo e che le viene affidato come un regalo prezioso tutto per lei; tuttavia quel “dono” che stringevo al mio petto non era un Bambino come gli altri bambini, era un dono specialissimo, in un senso molto più profondo e unico. Non l’avevo infatti scelto né voluto io, era stato lui a scegliere me, a volermi come madre sua. Sentivo che lui mi apparteneva ma che anch’io gli appartenevo come nessun’altra madre al mondo.

 

                                      Dal libro “La Madonna racconta”

                                             di donFerdinando Rancan

venerdì 14 febbraio 2025

LA SPARIZIONE MISTERIOSA DEL CORPO DI GESU' DAL LENZUOLO DELLA SINDONE

 

Ascolta prima il commento del dott. Andrea Cionci

https://youtu.be/ycaI4soh7aE?si=W7UXT434RhvftzRp

 

 EGREGIO DOTT. CIONCI,

 Mi complimento vivamente con lei per l’acume e sicuramente anche per il dono della “Sapienza”, uno dei “Sette Doni dello Spirito Santo”, con cui ha saputo collegare il mistero soprannaturale dell’uscita miracolosa del Corpo di Gesù Cristo dalla Sindone senza lacerare il telo che lo avvolgeva, con l’uscita, altrettanto miracolosa, del corpicino di Gesù Bambino dal grembo verginale della Madonna, senza lacerare la sua verginità e i suoi tessuti interni. Stesso, identico effetto strepitoso che solo un Dio Onnipotente può realizzare.

A conferma di questo, lei ha voluto citare una frase della mistica Valtorta, davvero chiara e pertinente, che collega entrambi i miracoli, quello della nascita con quello della Morte-Resurrezione di Gesù, come frutto di una esplosione fortissima di luce e di radiazioni, attualmente si parla anche di “effetto trasparenza”, difficilmente spiegabile all’occhio umano, ma certamente possibile a Colui che, avendo creato il cielo e la terra, può permettersi questi e altri miracoli strepitosi come segni prodigiosi per accrescere la fede e il bene dei suoi figli e dell’umanità intera.

Mentre riporterò prossimamente, a tale proposito, anche un brano del libro “LA MADONNA RACCONTA” di don Ferdinando Rancan, un sacerdote diocesano veronese in concetto di santità, che descrive brevemente questo episodio straordinario della nascita di Gesù Bambino come normalità per una donna come la Madonna, consapevole di essere rimasta incinta in modo altrettanto miracoloso, io mi vorrei soffermare brevemente su un altro aspetto che scaturisce da questa sua preziosa riflessione, e cioè di come lo Spirito Santo illumini la mente e il cuore di coloro (in questo caso mi riferisco sia a lei che al sacerdote citato), che cercano la VERITA’ con cuore puro e con animo retto. 

Magari non si capisce immediatamente, a mo’ di caduta da cavallo di San Paolo, ma si può arrivare lo stesso contando sul tempo che caratterizza l’essere e la vita dell’uomo sulla terra, quel tempo che gli permette di riflettere, continuare a cercare, invocare l’aiuto di Dio perché consapevoli che “non può esistere una verità di Fede senza che anche la Ragione e l’Intelletto ne siano coinvolti”, almeno in parte, perché la visione completa e definitiva l’avremo solo in Paradiso.

Ecco le brevi parole di don Rancan a proposito della conoscenza attraverso l’intuizione soprannaturale degli eventi “Se ho fede e princìpi, ho sempre la risposta a tutti i problemi, anche se sembrano nuovi e difficili. (…) Perché i princìpi che vengono dalla fede illuminano la ragione e pertanto la ragione non ha più bisogno delle risposte degli uomini ma di quelle di Dio”.

Pertanto, egregio dott. Cionci, sia per questa scoperta molto importante, sia per tutte le sue ricerche davvero minuziose e altrettanto preziose, almeno “per chi vuole intendere”, la ringrazio sinceramente di cuore per il bene che sta facendo non solo a noi cattolici, ma a tutta l’umanità, perché la Chiesa è universale, il Papato è un dono di Gesù all’umanità intera, e impedire che venga infangato, o manipolato, o deriso, o peggio, attraverso ricerche così importanti come lei sta facendo da 4 e più anni, è davvero degno del premio qui sulla terra ma soprattutto in Cielo, dove avremo la visione limpida, totale e definitiva di tutti gli eventi che ancora non capiamo.

    Con viva cordialità.

                                 patriziastella.com

lunedì 10 febbraio 2025

RISPOSTA AL PRESIDENTE MATTARELLA DOPO IL SUO DISCORSO PUBBLICO

  

Mi scusi (ma anche no) Presidente Mattarella, personalmente reputo indecente, come lei ha detto, il commerciante che non fa uno scontrino o un artigiano che non rilascia una fattura.

                                         CIO' DETTO

Reputo molto più indecente, in un Paese civile, i vitalizi e le pensioni d'oro, l'enorme tasso di corruzione della politica, le auto blu e tutti i vostri privilegi.

 

Indecenti sono i ponti che crollano e i terremotati che da anni vivono nelle tende o in casette prefabbricate delle oche.

 

Indecenti sono 400 euro di pensione per chi ha lavorato una vita e 600 euro di stipendio per chi si fa il culo in fabbrica.

 

Indecente è che per fare il bidello serve un test antidroga, ma per fare il politico no.

 

Indecente è la Terra dei fuochi, l'Ilva di Taranto e il rogo della Thyssen.

 

Indecente è che ogni volta che piove si contano i morti.

 

Indecente è l'impunità dilagante, soprattutto per i delinquenti stranieri che devono essere risarciti come ladri da chi è stato derubato perché il "bottino" al di sotto delle loro aspettative.


Indecente è il pilotare giudici e sentenze.

 

Indecenti sono i processi che finiscono in prescrizione.

 

Indecente è strappare i bambini alle loro famiglie per farci soldi.

 

Indecente è la propaganda, il traffico e il lucro sulla pelle dei migranti che comunque, giunti in Italia, la fanno da padroni.

 

Indecenti sono i tre miliardi di euro regalati ad una banca privata.

 

Indecente è attendere sei mesi per una Tac

 

Indecenti sono le buone uscite milionarie ai dirigenti che distruggono le aziende.

 

Indecenti sono quelli che dovrebbero puntarvi il dito contro scrivendo fiumi di parole e invece si prostrano come zerbini. (troppo poco puntare il dito contro, meglio esporli alla gogna pubblica imbragati per tre giorni a pane e acqua.)

 

Indecenti sono i maiali all'ingrasso dentro il palazzo mentre fuori manca l'aria e il cibo.

 

Indecente, in un Paese civile nel ventunesimo secolo, caro Presidente, sono gli anziani che rovistano nei cassonetti per cercare qualcosa da mangiare e gli imprenditori che si bruciano vivi perché non riescono a pagare gli stipendi ai loro dipendenti....e ci sarebbe molto altro....

 

Perciò non so chi è che ruba di più

 

Aggiungerei che è indecente togliere la pensione di reversibilità a persone comuni, quando ai politici viene dato vitalizio di pensioni d'oro fino all'ennesima generazione.

 

Copiate e incollate e che ci sia in ogni bacheca e se ti va scrivi "fatto" qua sotto. 

È la nostra piccola rivolta., sperando che si trasformi presto in rivincita.

 

sabato 1 febbraio 2025

COMMENTO DEL PROF. FONTANA SUL RAPPORTO TRUMP E VATICANO

    MIA RISPOSTA AL COMMENTO DEL PROF. FONTANA 

Aprire il link per leggere commento del prof. Fontana.

 

https://www.marcotosatti.com/2025/01/31/fra-trump-e-vaticano-spiazzato-dalle-scelte-di-trump-una-guerra-in-corso-stefano-fontana/

 

Egregio prof. Fontana

 Condivido pienamente tutte le sue analisi dettagliate sull’argomento così complesso del rapporto conflittuale fra Trump e il Vaticano, (almeno finché non si presenteranno altre sorprendenti novità a farci cambiare idea), argomento complesso da affrontare con la maggiore obiettività possibile. Ma il fatto che lei continui a nominare Bergoglio come vero papa Francesco e la sua falsa chiesa come la vera Chiesa cattolica mi fa tremare i polsi.

 

Sappiamo da dichiarazioni di Santi indiscussi come ad esempio padre Pio e dagli scritti del giovane Ratzinger ancor prima di essere nominato Prefetto della dottrina della Fede ma anche in seguito, sappiamo appunto da questi scritti lungimiranti e da dichiarazioni postume anche di mistici sicuramente illuminati dallo Spirito Santo, sappiamo come costoro vedessero la vera Chiesa cattolica non più falsamente trionfante su un carro prezioso trainato da cavalli bardati a festa, bensì una Chiesa piccola, povera, perseguitata, che tuttavia resisterà a tutti gli attacchi di Satana e riemergerà dalle catacombe in cui è stata costretta a rifugiarsi per potersi mantenere fedele e incolume dagli attacchi di quel nemico che ha usurpato il trono pontificio tramite complotto ufficialmente dichiarato.

 Questa vera Chiesa riemergerà e riprenderà vigore attraverso tanti piccoli gruppi di veri cattolici sparsi nel mondo ma uniti da una sola fede, un solo Battesimo e da un solo e vero unico VICARIO DI GESÙ CRISTO della vera successione apostolica. Bergoglio non è vero Papa per vari motivi che esperti del diritto canonico, della teologia ed Ecclesiologia oltre che veri maestri del latino, hanno evidenziato, soprattutto sulla base della “dichiarazione” di Benedetto XVI con la quale ha avvisato il mondo che avrebbe rinunciato non al “MUNUS” cioè al Mandato divino, o "Investitura”, bensì al cosiddetto "MINISTERIUM" cioè all’Ufficio inerente al compito del Papato. Tutto questo perché, trovandosi a dover lavorare in mezzo a lupi, come da omelia del suo primo insediamento come Vicario di Cristo nel 2005, gli era impedito svolgere la mansione che spetta al Papa. Pertanto, trovandosi il vero Papa in sede impedita (ora vacante dal momento della sua morte), lui delegava l’ufficio a un suo successore, però solo l’ufficio e non il mandato divino, tant’è vero che papa Benedetto ha continuato a risiedere in Vaticano con veste bianca, firmandosi con la sigla p.p. (Pastor Pastorum) esclusiva dei Papi e facendosi chiamare ancora “Sommo Pontefice”.

 

Ad avallare tutto questo, emerse una lettera del card. belga Daneels con la quale dichiarava in punto di morte, quasi per liberarsi la coscienza da un macigno enorme, che la nomina di Bergoglio al soglio pontificio era dovuta a un complotto di cardinali chiamato “Mafia del Sangallo” e pertanto non era da considerarsi valida.  Argomento che lo stesso Bergoglio, appena apparso sul loggiato la sera del 13 marzo 2013 come fosse stato vero Papa, volle sfatare facendo eliminare da tutti i documenti il titolo di “Vicario di Cristo” nella consapevolezza che non gli spettava affatto, anche se la gente continuava e continua a chiamarlo “Papa Francesco”.

 Pertanto, egregio professor Fontana, mentre la sua analisi storico scientifica e politica presentata in modo conflittuale tra i due poteri menzionati, sembra rispondere pienamente alla realtà dei fatti, lei compie il gravissimo errore di considerare Bergoglio come vero Papa Francesco e il suo seguito di cardinali apostati o ugualmente colpevoli di gravi omissioni, come fossero i componenti della vera Chiesa cattolica. Quando invece la dottrina perenne della Chiesa sostiene che il vero Papa, al quale comunque non è mai garantita la salvezza eterna personalmente, quando si tratta di parlare in materia di FEDE non può mai sbagliare perché assistito dallo Spirito Santo, e la Chiesa fondata da Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, è altrettanto indefettibile e fedele nella dottrina, pur essendo composta da uomini peccatori, come siamo anche noi poveri fedeli battezzati che dovremo rispondere individualmente del nostro operato davanti al giudizio di Dio.  

E’ vero che spetta solo alla Chiesa ufficiale gerarchica, quella costituita dai Cardinali e Vescovi, a discernere e decretare decisioni di basilare importanza come questa della validità o meno della nomina di un presunto Papa, tuttavia un fedele cattolico di media preparazione dovrebbe quanto meno inorridire quando sente affermare dalla bocca di questo presunto papa Francesco espressioni che contraddicono in pieno la dottrina cattolica, anzi che sono offensive dello stesso nostro Signore Gesù Cristo, come quando ha affermato più volte che Gesù si è fatto “serpente”! E altro di peggio, come l’intronizzazione di una dea pagana, detta Pachamama, nel cuore della cristianità che è la Basilica di San Pietro senza alcun postumo ripensamento. Ormai la cecità spirituale del popolo di Dio è arrivata a un punto tale da accettare qualunque azione o discorso o comportamento solo perché “lo ha detto il Papa” senza curarsi di altro, non parliamo poi del gravissimo silenzio dei Cardinali i quali potrebbero anche giocarsi l’anima per queste loro imperdonabili omissioni.

 Sembra un paradosso eppure è sempre stato così nella storia della Chiesa, cioè la realtà della Chiesa fondata da Gesù Cristo che è “UNA, SANTA, CATTOLICA E APOSTOLICA” però formata da uomini peccatori come ciascuno di noi, e questo perché non sono né i preti né i laici a conferire il dono divino della Grazia, ma è lo stesso Gesù Cristo proprio attraverso i Ministri della sua Chiesa e nonostante i loro peccati. Pertanto la Verità e la vera Fede vengono sempre a galla per intervento divino dello Spirito Santo, tant'è vero che gli ormai accertati e denunciati 40 antipapi che hanno usato il loro potere e ricchezze per occupare abusivamente il Soglio pontificio in questi duemila anni dalla nascita della Chiesa voluta da Gesù Cristo, sono stati tutti identificati e smascherati lungo i secoli e tutto il loro operato orale e scritto è stato con loro buttato al macero. Si dovrà via via verificare anche la vera o falsa consacrazione di sacerdoti e Vescovi. Lavoro improbo ma assolutamente indispensabile che lo Spirito Santo susciterà non appena sarà il momento voluto da Dio. Per adesso dobbiamo vivere di fede eroica perché attorno a noi, umanamente parlando, vediamo solo macerie e miserie dentro e fuori la Chiesa con un enigmatico silenzio di Dio che mette alla prova tutti.  Questo è il momento del trionfo della vera Fede, vissuta nel buio, nella prova e nella testimonianza fondata solo sulla Parola di Dio. Che Dio ci aiuti.

                                          

ALTRI LIBRI E AUTORI IN DIFESA DELL’UNICO VERO PAPA BENEDETTO XVI

 Julia Meloni, La mafia di San Gallo, ed. Fede & Cultura

 Carlo Maria Pace, Il vero Papa è ancora Benedetto XVI, ed- youcanprint, 2017

 Carlo Maria Pace,     Non c’è un vero Papa dalla  morte di Benedetto XVI, ed. youcanprint, 2023


Charles T. Murr.  Massoneria vaticana, Logge, denaro e poteri occulti nell’inchiesta Gagnon, ed. F&C


Sandro Pomiato, Papa o non Papa? La Chiesa nella tempesta.   Ed. Albatros


Don Fernando Maria Cornet, Habemus antipapam, indagine in onore della verità,  Amazon


Armando Savini, L’ultimo Anticristo, ed. Chaos Mega


Don Enzo Boninsegna, Stranezze di un pontificato,


Corrado Galimberti, L’antipapa, Il primo decennio di un apostata sul soglio di Pietro.  Amazon


Miles Christi, L’impostura bergogliana,  ed. ESR,  2 volumi


Interventi e conferenze su youtube

Padre Giacomo Maria Farè teologo carmelitano, Omelia di chiarimento con le dimostrazioni della tesi che Benedetto XVI non si è mai dimesso, per cui Bergoglio non può essere Papa.


https://youtu.be/hY-PmURHY5I.                                                         Sei domande ai cardinali da parte di padre Janvier Genou


 Dott. Giacomo Maria Prati, dichiarazioni su Internet.

 Avv. Luca Campanotto,               “                          “

 Padre Natale Santonocito, Perché Bergoglio non è il vero Papa. dichiarazioni ufficiali in Internet, Scomunicato! Il sacrificio dei preti che denunciano l’antipapa mentre i cardinali restano paralizzati dal timore.

 

 

giovedì 9 gennaio 2025

IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN OTTAVO ANNNIVERSARIO DALLA SALITA AL CIELO

 

IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN

10 GENNAIO 2025

 

https://www.informazionecattolica.it/2025/01/09/ferdinando-rancan-vero-sacerdote-di-cristo/

 

Ferdinando Rancan, vero sacerdote di Cristo

https://www.informazionecattolica.it/wp-content/uploads/2022/06/don-Ferdinando-Rancan.jpg

MEDIA E CULTURE  09/01/2025

Ferdinando Rancan, vero sacerdote di Cristo

di Angelica La Rosa

 

IN MEMORIA DI DON FERDINANDO RANCAN

Domani, venerdì 10 gennaio 2025, sarà celebrata una Santa Messa in memoria del sacerdote, morto in concetto di santità, don Ferdinando Rancan, presso la chiesa di Sant’Eufemia (vicino al ponte Vittoria) di Verona. La messa avrà inizio alle ore 19.00.

In occasione dell’ottavo anniversario del passaggio al cielo di don Ferdinando Rancan, pubblichiamo l’omelia pronunciata d don Ermano Tubini il giorno delle sue esequie (è stato suo confessore e direttore spirituale negli ultimi 7 anni e tuttora incaricato di raccogliere testimonianze e seguire l’iter per apertura causa di beatificazione).

 

OMELIA DI DON ERMANNO TUBINI NEL GIORNO DELLE ESEQUIE DI DON FERDINANDO (13 gennaio 2017)

La vita di D. Ferdinando Rancan sta all’interno di due date distanti tra loro: Tregnago il 14 giugno 1926 e Verona il 10 gennaio 2017. Un tempo lungo 90 anni.

Dentro a questo tempo ricco di grazie, ci sono tanti eventi, tante persone, tanti luoghi santificati dal suo ministero sacerdotale. Vi ritroviamo una madre povera che ha vissuto con fede grande la vedovanza per il marito morto tragicamente sul lavoro; il parroco di Tregnago che lo orientò da bambino al seminario minore; una salute malferma che non gli ha impedito, anzi gli ha facilitato l’essere prete con la comprensione del mistero di Cristo crocifisso; vi troviamo le parrocchie e rettorie in cui ha operato e che ha amato: da San Paolo in Campo Marzio ai Santi Apostoli. C’è stato il suo impegno di docente al Seminario e al Liceo Messedaglia; ci sono i suoi libri di spiritualità, che per molto tempo ha resistito a dare alle stampe per umiltà; ci sono le tantissime persone incontrate, amate e aiutate.

E’ la storia di un sacerdote felice di essere sacerdote; uno dei tanti buoni sacerdoti che Dio dona alla sua Chiesa. D. Ferdinando è stato un buon sacerdote, ma aveva qualcosa che rendeva il suo ministero particolarmente efficace. Penso che la sua efficacia dipendesse dal grande amore per Gesù Cristo e per Maria sua madre; dall’aiuto di Dio che invocava sempre; dalla sua umanità: semplice, cordiale, aperta, convincente, credibile… Dipendeva dalla sua santità di vita? Penso che molti che lo hanno conosciuto lo dicano in queste ore: è morto un santo prete della chiesa di Verona …

Come orientava la sua azione pastorale? Promuoveva, in chi lo seguiva, l’incontro personale con Cristo; insegnava a pregare, ad amare l’Eucaristia e il Sacramento della riconciliazione; incoraggiava alla conoscenza della Bibbia, dell’insegnamento della Chiesa; suggeriva di essere aperti agli altri, a tutti, senza paura: sensibili alle necessità spirituali e materiali delle persone. Non aveva timore a indicare mete alte: la santità come obiettivo per tutti i battezzati.

Diceva che a Dio non si doveva dare poco, ma molto. Ha avuto il dono di suscitare attraverso la sua pastorale specifiche vocazioni divine in molte persone. L’ideale della santità vissuta nel mondo, nella vita ordinaria, di famiglia e di lavoro, lo aveva visto incarnato nelle persone dell’Opus Dei conosciute a Roma a metà degli anni Cinquanta. In quella esperienza colse un invito a cercare di vivere il proprio sacerdozio diocesano come un cammino di santità nell’esercizio del proprio ministero, ben unito al suo Vescovo, ai suoi confratelli, alla gente della sua terra.

Aderì alla Società Sacerdotale della Santa Croce, associazione sacerdotale unita all’Opus Dei. Fu il primo tra i sacerdoti diocesani in Italia. Tornato a Verona, fece conoscere l’Opus Dei a tante persone.

Ci ha lasciato serenamente: abbandonato alla volontà di Dio e riconoscente per quanto ricevuto da Dio e dalle persone che lo hanno assistito con gioia e con sacrificio per lunghi anni. E’ entrato nella vita eterna dicendo grazie.

Preghiamo per l’anima di don Ferdinando, pur nella convinzione che Gesù lo ha già accolto in Paradiso. Chiediamogli di pregare per noi affinchè anche noi un giorno possiamo stare presso Dio insieme con lui.

Don Ermanno Tubini

 

Pubblichiamo la testimonianza della signora Marisa Bommartini

Ho conosciuto don Ferdinando avanti negli anni quando ero sposata con figli perchè trasferita con tutta la famiglia da Milano a Verona per il lavoro di mio marito. Una persona mi ha detto “se cerchi un bravo confessore, vai alla chiesa dei Santi Apostoli e troverai il parroco, un certo don Ferdinando Rancan”. Da allora è stato veramente la luce e anche la forza della mia vita, e più tardi una grande guida spirituale anche per mio marito fino al giorno della sua dipartita per il cielo.

Chi ha potuto conoscerlo, capisce di che livello spirituale è stato nella sua umiltà e continua sofferenza portata sempre con un sorriso, ma anche chi non lo ha conosciuto o incontrato solo qualche volta, percepiva in qualche modo la “sua grande umanità” da cui traspariva il suo grande Amore per Dio, la sua gioia di vivere nonostante il suo corpo martoriato, anche a motivo di una vita dura con scarsa salute fin dall’infanzia, oltre che per la mancanza postuma di un polmone che gli era stato asportato a 52 anni per una forma di TBC aggressiva, costringendolo a portare ossigeno e poi ventilatore polmonare.

Da notare la sua accoglienza immediata per qualsiasi persona, anche lontana da Dio, usando parole piene di speranza, il suo sforzo per conciliare gli animi di persone in conflitto, l’attenzione per i bambini del catechismo e le loro famiglie per le quali organizzava incontri di formazione e anche di amicizia festosa nel salone parrocchiale, oltre che colloqui personali orientati alla fiducia in Dio e alle persone della loro famiglia, l’attenzione per la cura dei suoi confratelli nel sacerdozio che seguiva, per chi voleva, come direzione spirituale per la loro anima incoraggiandoli a puntare sull’amore per Dio per ogni difficoltà o incomprensione… sull’esperienza di quella grande prova che egli stesso ha dovuto subire da giovane in seminario ma che ha saputo superare in modo eroico solo grazie al suo amore per Gesù Cristo e per la sua vocazione sacerdotale.

Per tutte le sofferenze che ha dovuto attraversare sia come salute malferma, sia per mantenere sempre viva la sua vocazione fino all’ultimo suo respiro, come era suo desiderio, senza mai adagiarsi a un egoistico “quieto vivere” ma nella piena fedeltà ai suoi doveri sacerdotali, iniziando con la recita del Breviario e con la celebrazione della Messa quotidiana, penso umilmente che varrebbe la pena di proporlo come modello di fedeltà sacerdotale a tutti i sacerdoti anch’essi sottoposti spesso a prove di ogni genere in questo mondo che li deride o li perseguita se cercano di vivere la fedeltà nella sua pienezza.

                                                          Marisa Bommartini Mutinelli